Attualità

Liberalmente Corretto – Il Mezzogiorno paralizzato

di Michele Gelardi -


Lo sviluppo sociale ed economico è fondato su due presupposti fondamentali: la presunzione di buona fede e la certezza del diritto di proprietà, l’una e l’altra sono gravemente deficitarie, in Sicilia e nel Mezzogiorno. Il che non spiega tutto, ma ci dice pur qualcosa del divario nord-sud.

La presunzione di buona fede è come l’olio che fa girare gli ingranaggi del motore. Solo l’eremita non ha bisogno degli altri. Ogni investimento postula un apporto collaborativo esterno e, senza la ragionevole fiducia nella collaborazione altrui, non può aver luogo. Sicché la società è dinamica, nella misura in cui i rapporti tra le persone non sono improntati alla reciproca diffidenza, che paralizza in partenza la collaborazione, bensì alla fiducia, basata sulla ragionevole aspettativa che la realtà coincida con l’apparenza. Orbene la buona fede del contraente, che ispira la fiducia collaborativa, deve essere presunta fino a prova contraria, altrimenti l’olio non scorre e gli attriti dell’ingranaggio fanno imballare il motore. Proprio questo accade in Sicilia e nel Mezzogiorno. Qui la persona deve prima dimostrare di non essere un delinquente e poi, ammessa nel consesso sociale, può ritrovare il suo diritto di parola. Ovviamente l’ammissione non avviene una volta per tutte, ma è sempre sub judice, al punto che il ben intenzionato deve esibire un apposito certificato di “non delinquenza”, per dimostrare di non essere “mal intenzionato”. Supponiamo poi che il rapporto di collaborazione riguardi un soggetto straniero (o anche italiano del nord).

Cosa penserà costui del rischio di entrare in rapporto con un “delinquente”? Penserà inevitabilmente che il rischio sia molto alto, dal momento che la malafede è così diffusa da essere addirittura presunta. E se poi il rischio fosse solo economico, qualche eroe forse lo accetterebbe. Ma il dramma è che involge addirittura la libertà personale, dato che il soggetto estraneo a qualsiasi consorteria mafiosa può rispondere del medesimo reato del mafioso, a titolo di concorso esterno. E quand’anche la sua “esternità” fosse così esterna, da non integrare nemmeno gli estremi del “concorso esterno”, costui sarebbe comunque esposto a un lungo processo o, nella migliore delle ipotesi, a paralizzanti indagini preliminari, sia pure sfocianti nel nulla. Insomma il rapporto di collaborazione è precluso in partenza; rimane solo la possibilità che l’investimento sia fatto dal cinese “solitario”, forte della sua immunità assoluta e dell’autosufficienza garantitagli dalla sua comunità paracomunista.

L’altro pilastro è la proprietà privata. Senza la certezza del diritto di proprietà, non ha luogo lo scambio, la ricchezza giace inerte e la società si paralizza. Ma ciò poco importa ai nemici del mercato, numerosissimi in Italia, i quali hanno fatto questa grande pensata: per proteggere la società dal crimine, non basta reprimere i fatti criminosi; bisogna estirparne la radice, che risiede nella cupidigia; l’accumulazione della ricchezza diventa sospetta di per sé; e dunque, al fine di prevenire il crimine, è necessario confiscare la cosa della quale si sospetta l’illecita provenienza. Ottimo intendimento, simile a quello della mamma apprensiva che vieta al bambino di giocare, per impedire che si faccia del male. La mamma italiana è la più protettiva del mondo e lo Stato italiano ne segue le inclinazioni. La particolarità del nostro Stato-mamma è che ha due figli, uno dei quali monello; il divieto di giocare dovrebbe valere per entrambi, ma di fatto si indirizza nei confronti di uno solo. Siamo giunti così al paradosso del Mezzogiorno d’Italia, unico posto nel mondo occidentale, dove la persona “sospetta”, che non ha commesso alcun reato, può subire la confisca del suo patrimonio; ma la può subire perfino la persona non-sospetta, dato che il marchio originale si trasmette per via ereditaria. Morto il sospettato-pericoloso, si confisca il patrimonio del figlio non-sospettato e non-pericoloso.

Insomma, in quest’angolo di mondo che è il Mezzogiorno, il diritto di proprietà è assolutamente aleatorio. Pare se ne sia accorta finalmente anche la CEDU, che ha chiesto chiarimenti all’Italia con una sentenza interlocutoria (del 10 luglio 2023). Il mistero della prevenzione in assenza di pericolo dovrà essere chiarito a breve, nell’udienza del processo Cavallotti (ric. 29614/16), pendente a Strasburgo. Nell’attesa, i grandi giuristi italiani continuano a ripetere il loro mantra: siamo i primi e i più ammirati al mondo, nella lotta alla criminalità organizzata.  È vero: siamo così primi, che non si vedono i secondi; siamo così ammirati, che nessuno ci vuole imitare. Intanto la mamma si duole del fatto che il figlio, al quale è stato inibito di giocare, non riesca a correre alla stessa velocità dell’altro.


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