Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – Pubblico e Privato in Italia

di Michele Gelardi -


La prevalenza della sfera pubblica su quella privata può essere misurata in vari modi. Gli indici “quantitativi” ci dicono, per esempio, che l’Italia è messa malissimo nella graduatoria della libertà di iniziativa economica e anche in quella di stampa; segni inequivocabili delle restrizioni subite dalla sfera privata ad opera della res publica. Vorrei aggiungere un indice “qualitativo”, che sfugge per sua natura alle rilevazioni scientificamente orientate. Si tratta di un’osservazione di costume, assolutamente banale, ma non priva di significato per via indiretta. In Italia, il genere letterario poliziesco e anche la fiction nostrana di questo tipo differiscono profondamente dagli equivalenti anglosassoni. I vari Scherlock Holmes, Hercule Poirot, miss Marple, Jessica Fletcher, Nero Wolfe, padre Brown, Perry Mason, Phryne Fisher, non sono nati e non possono nascere in Italia. Per un semplice motivo: sono i privati a scoprire il colpevole, mentre i funzionari pubblici sono lieti di accogliere i loro suggerimenti; il che presuppone un mondo che in Italia non c’è, basato sul rapporto di collaborazione pubblico-privato. La pubblica amministrazione italiana, di ogni ordine e grado e di tutte le branche, nutre nei confronti del cittadino-utente una profonda diffidenza, similcinese. Il privato è niente più che un suddito, questuante-postulante, nella migliore delle ipotesi tollerato. È inimmaginabile che il suddito possa aiutare sua sponte la pubblica amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni; può solo intralciarla. Il cittadino che ha coperto la buca della strada a sue spese è stato prontamente multato. È stata necessaria una sorta di rivolta popolare, per consentire a un volontario benefattore di utilizzare una pompa idraulica di drenaggio in uno dei paesi alluvionati in Emilia, poiché le zelanti autorità pubbliche intendevano impedirglielo. A ben vedere, queste vicende italiane di ordinaria follia, ultime di una lunga serie, si fondano su un postulato, non solo antidemocratico, ma anche assolutamente falso: che l’interesse pubblico appartenga esclusivamente alle istituzioni. È vero l’esatto contrario: se il benessere collettivo è la somma del benessere di ogni singolo componente della collettività, l’interesse pubblico appartiene anche pro quota alla singola persona, sicché l’ineluttabile contrapposizione pubblico-privato non ha ragion d’essere. E tuttavia vige inesorabile in Italia. Ovviamente la branca nella quale lo Stato esprime il massimo della sua vis potestativa è l’amministrazione della giustizia. Ne deriva che il privato non può, in alcun caso e modo, contribuire all’esercizio del magistero punitivo della res publica. Dunque niente Poirot and Co. I polizieschi italiani, nella letteratura e nella fiction televisiva, hanno un copione predefinito, che narra le gesta di un funzionario pubblico dalla grande perspicacia investigativa, messa a dura prova dai depistaggi del privato e sovente dall’”inquinamento delle prove”, tentato o realizzato dall’avvocato di turno. Tra tutti i personaggi citati, Perry Mason è il meno italiano possibile, giacché nel nostro amato Paese l’ufficio della difesa è considerato niente più che un intralcio alla giustizia. Non a caso, nella fiction italiana, la figura dell’avvocato è una delle più gettonate, per ornarsi dei panni del “malamente”. Forse è seconda solo a quella del losco imprenditore, “malamente” per definizione, giacché il male risiede già nella ricerca del profitto individuale. Non parliamo poi di padre Brown, il quale si permette di redimere chi in Italia è irredimibile a priori. Basta pensare che padre Mario Frittitta subì l’onta della carcerazione, ahinoi reale, per aver amministrato il sacramento della confessione a un latitante. Perfino nella Francia campione di statalismo, è stata immaginata la collaborazione privato-pubblico tra la giornalista Alice Avril e il commissario Laurence. Solo in Italia è inconcepibile che il privato indichi la strada all’organo pubblico, essendo vietato “parlare al conducente”; soprattutto quando ci porta a sbattere. Deduco dal mio personale indice “qualitativo”, banale e per nulla scientifico, che, nella graduatoria del tasso di diffidenza nutrita dallo Stato nei confronti del cittadino, l’Italia si colloca ai primissimi posti, a ridosso della Cina.


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