Politica

L’INTERVISTA – Europee, il sondaggista Noto: “La guerra non pesa sul voto come tasse e lavoro. Meloni? La spunta se si candida

di Edoardo Sirignano -

Il sondaggista e direttore di IPR Marketing, Antonio Noto, alla presentazione della prossima edizione degli Stati generali dell'Export,che si terranno il 29 e 30 settembre ad Alba, in Piemonte. Torino, 30 giiugno 2023 ANSA/ALESSANDRO DI MARCO


“La guerra non pesa sul voto come tasse e lavoro. Meloni? La spunta se si candida”. A dirlo il sondaggista Antonio Noto.

I trattori per le strade incideranno sulla prossima campagna elettorale?

Bisogna capire innanzitutto quanto dureranno le proteste. In genere finiscono subito. Altrimenti diventerebbero altro. Il problema, piuttosto, è capire come trovare una mediazione tra le richieste degli agricoltori e i governi. Pur non essendo un caso di facile risoluzione, da parte dell’Europa, però, c’è tutto l’interesse a trovare una soluzione

Non potrebbe, intanto, prendere il sopravvento l’antieuropeismo…

A mio parere resta un fenomeno stabile. C’era soprattutto prima del Covid e non è mai stato la maggioranza del Paese. Tutto sommato si critica l’Europa, come lo si fa con l’Italia.

Non ci sarà, dunque, un’affermazione delle forze antisistema?

Assolutamente no! É successo nel 2019 perché la Lega ha approfittato della pandemia. Questa strategia oggi non funziona. Salvini se ripete quello schema adesso commetterebbe un grave errore. Gli italiani si sentono più protetti dall’Ue, pur dicendo la loro e criticando qualche decisione sbagliata.

Le varie guerre, invece, incideranno sulla prossima competizione?

Il voto degli italiani solitamente non è mai condizionato dalla politica estera, ma dai fatti nazionali. Per quanto riguarda il posizionamento dei partiti, sull’Ucraina abbiamo il 90% del Parlamento dalla stessa parte. Anche rispetto al conflitto Israele-Hamas, non ci sono grandi differenze. Le posizioni estreme sono isolate. C’è, dunque, preoccupazione per la guerra, ma non una discussione.

Quali le parole chiave nella prossima contesa?

Le europee saranno il secondo tempo delle politiche. Centrali saranno i problemi del Paese: la sanità, che dopo il Covid ha assunto una notevole importanza, il lavoro e le tasse. Questi elementi faranno la differenza. Sembra strano, ma in questa partita si è parlato sempre più delle tematiche nazionali che di quelle europee.

Le scorse politiche sono state caratterizzate dall’ascesa di Fratelli d’Italia. Si prevede un nuovo successo per Meloni?

Del 26% delle politiche solo l’8% proveniva da elettori di destra. L’altro 18% sono persone che hanno riposto fiducia in Giorgia. Se non si dovesse candidare e dunque essere meno presente sia in tv che sui territori, parte di quel voto verrebbe meno, non trattandosi di consenso partitico.

Cosa ne pensa del sorpasso di Forza Italia sulla Lega?

Se la Meloni non si candida, la Lega dovrebbe stare avanti a Forza Italia. Se Giorgia dovesse metterci la faccia, al contrario di Salvini, una fetta di elettorato, che normalmente voterebbe Lega, sceglierebbe Fratelli d’Italia. In numeri, Salvini registrerebbe un -1,5%, che consentirebbe il sorpasso degli azzurri.

Per quanto riguarda il centro, è indispensabile la lista unica fra Renzi e Calenda?

Azione e Italia Viva sono più o meno sul 3%. È giusto, pertanto, che presentino la loro proposta, anche se non sicuri di arrivare al 4%. Detto ciò, il centro in Italia è qualcosa che esiste solo a livello teorico. Tutti dicono di essere moderati, ma alla fine scelgono il centrodestra o il centrosinistra. Un’identità non la si può costruire in un mese.

Nell’opposizione è sempre più acceso il duello tra Schlein e Conte. Chi la spunterà?

Pur essendo il M5S di Conte abbastanza tonico, il sistema delle europee non ha mai premiato i pentastellati. Anzi ha sempre favorito il Pd, avendo una base territoriale e candidati forti, pur non dovendo scendere in campo big del calibro di Bonaccini, Zingaretti o Emiliano.
Lo stesso non si può dire di una forza come il Movimento, che pur andando forte alle politiche, cinque anni fa perse 10 punti in dodici mesi. In questa competizione, infatti, non basta solo avere un marchio. Vince chi è organizzato meglio.

Alla Schlein conviene defilarsi o stare in prima linea?

Fino a ora Schlein non è stata un valore aggiunto per il Pd. Non capisco perché dovrebbe esserlo domani. Candidandosi, inoltre, metterebbe a rischio la sua segreteria. Se non dovesse superare il 19%, la sua candidatura diventerebbe un boomerang non per i dem, ma esclusivamente per lei e i suoi.


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