Politica

PRIMA PAGINA – La resa dei Conte

di Edoardo Sirignano -


Conte si defila dalle europee, ma nei 5 Stelle è aria di bilanci. Se non si supera il 12% l’ex premier sarà messo in discussione dagli stessi pentastellati. Un pericolo dietro l’angolo, considerando che alle prime europee a cui partecipò il M5S prese il 21%, mentre alle politiche era arrivato a toccare quota 26%, fenomeno poi ripetutosi cinque anni dopo quando si passò addirittura dal 33% al 17%.

Quanto uscirà dalle urne sarà più di un semplice banco di prova. Qualcuno parla addirittura di possibile rivolta. Saranno, infatti, i grillini della prima ora, quelli messi in disparte dal vertice, i primi a chiedere il conto. In caso di disfatta, grideranno a gran voce: “La svolta non ha funzionato. Tu e i tuoi amici della società civile avete fallito. Fatevi da parte”. Non a caso a guidare la congiura ci sarebbero due big della primissima ora come l’ex presidente della Camera Roberto Fico e la già dimenticata sindaca della capitale Virginia Raggi. Sarebbero manovrati niente di meno che dal fondatore Grillo che, pur non manifestandolo davanti ai microfoni, non vede l’ora di sbarazzarsi di Conte.

A sposare la causa degli attivisti storici, quelli considerati “superati”, ci sarebbero, poi, i grillini del secondo mandato, coloro che al prossimo giro non potranno più ricandidarsi. Gli “incerti per l’avvenire”, secondo voci di corridoio, avrebbero come massimo riferimento l’ex ministro Patuanelli, che di giorno fa finta di sponsorizzare il presidente e di notte lo pugnala. Senza una modifica al regolamento, d’altronde, Stefano e i suoi amici sono destinati al dimenticatoio. Più di qualcuno tra i veterani gialli del Parlamento teme di fare la fine del Toninelli di turno, che lamenta di non avere neanche i soldi per comprare tonno e salmone.
A gettare benzina sul fuoco, ci sarebbero proprio quei volti noti a cui non è stata data la possibilità di ricandidarsi. A rendere accese le riunioni notturne sarebbero stati intravisti big del calibro di Paola Taverna, che vorrebbe cambiare le regole interne per tornare in campo o Alfonso Bonafede, a cui non basta neanche lo scranno tra i laici delle magistrature speciali. Stiamo parlando di un’opposizione silente, che pur non contando molto in termini di consenso, ha un peso rilevante in un contesto, dove a prevalere sono altre logiche. Qualora questi signori dovessero fomentare un pericoloso “disimpegno”, sarebbe una grana di non poco conto per il re Conte.

A supportarlo seriamente nella prossima competizione, allo stato, ci sarebbero solo quelli del primo mandato, per la gran parte sconosciuti ai più e i profili della società civile da lui stesso sponsorizzati. Capolista per i gialli alle europee, salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbe essere Pasquale Tridico, economista e presidente dell’Inps dal 2019 al 2023. Stiamo parlando, però, di un profilo, che pur avendo un curriculum di rispetto, è poco conosciuto ai non tecnici. Il suo appeal tra giovani, partite Iva e precari è più di un punto interrogativo. Medesimo ragionamento vale per il giornalista Marco Tarquinio. Pur trattandosi di un ottimo cronista, la sua discesa non sembra affascinare un mondo cattolico, che non ha intenzione di svendersi per una pensione sicura. Tutti sanno, come anticipato dallo stesso monsignor Paglia, che a quelle latitudini sono in corso ben altre manovre. Ecco perché Conte, pur non mettendoci la faccia, vive le stesse difficoltà della promessa alleata Schlein.

A parte il centrodestra e gli avversari interni alla coalizione, a rendergli impervio il cammino troverà i suoi onorevoli preoccupati per il futuro, gli ex a cui non stata data possibilità di ricandidarsi, il fondatore Grillo e un Di Battista, che non vede l’ora di tornare in campo. Per qualcuno sarebbe il vero ispiratore di una “ribellione” destinata a uscire presto dal Transatlantico e dai principali bar della movida romana.


Torna alle notizie in home