Politica

Liste civiche, personal branding: la nuova politica regionale

Leader che hanno costruito nel tempo una forte immagine personale, superando quella delle formazioni politiche di appartenenza

di Laura Tecce -


Luca Zaia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano sono stati mai davvero completamente identificati con i rispettivi partiti o rappresentano esempi emblematici di “personal branding politico”?

La risposta tende a propendere per la seconda ipotesi, questi leader hanno costruito nel tempo una forte immagine “personal” che ha superato quella delle formazioni politiche di appartenenza. E adesso qualche considerazione: partiamo da Emiliano, l’unico dei tre che nonostante le norme glielo avrebbero permesso, ha scelto di fare un mezzo passo indietro. Mezzo, appunto, perché in realtà sia lui che l’altro “dinosauro” della politica pugliese, Nichi Vendola (ve lo ricordate?) hanno intenzione di candidarsi in Consiglio regionale.

Opzione che ha fatto battere i piedini a terra a colui che lo stesso ex magistrato definiva a suo tempo il “candidato naturale” alla guida della Puglia, Antonio Decaro: il fu erede designato non ne vuol proprio sapere di ritrovarsi a dividere la scena con i due ex presidenti e se costoro – fa sapere – non dovessero rinunciare alla competizione sarebbe lui a defilarsi. Insomma, meglio un addio da protagonista che restare sul palco da comprimario, avrà pensato l’europarlamentare recordman di preferenze. La palla passa a Roma, alla segreteria Pd. Che già ha le sue belle trattative da intavolare con un altro “cacicco” (definizione by Schlein).

Come è noto, in Campania De Luca non potrà candidarsi per un terzo mandato ma non intende certo restare ai margini. E sta lavorando per mantenere salda la sua influenza politica attraverso la presentazione di liste civiche riconducibili alla sua area (e alla sua persona). Eh le liste… Vexata quaestio anche dalle parti del centrodestra, zona Veneto, dove Zaia – che ha lottato come un leone per modificare i limiti imposti dalla legge sui mandati consecutivi – forte dei suoi straordinari risultati, è fermamente convinto che una sua lista personale sarebbe un valore aggiunto.

Nel 2020 questo “valore” è stato pari al 44,57% delle preferenze, roba da far impallidire tutti gli altri. Dunque? Da un lato queste liste personali sono un’opportunità per capitalizzare l’esperienza e il radicamento sul territorio di leader già noti, offrendo agli elettori non schierati apertamente un’offerta politica alternativa. Dall’altro, questo modello rischia di accentuare il personalismo, riducendo il confronto democratico a un gioco di nomi. Ma del resto, si sa, in politica non esistono addii: solo sfratti più o meno eleganti. E ad essere sfrattati non ci pensano neppure le comparse figuriamoci i protagonisti.


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