L'identità: Storie, volti e voci al femminile



Economia

Tagli, investimenti e Difesa: tutti i numeri della manovra

Le priorità del Mef, il nodo Patto di Stabilità. E Meloni rilancia sui temi del Sud

di Giovanni Vasso -


Non solo Difesa: sarà una manovra da 16 miliardi, finanziata in gran parte dai tagli alla spesa. Dagli sfrondamenti, difatti, il governo spera di recuperare almeno dieci miliardi di euro, circa lo 0,7% del Pil e quasi il 60% dell’ammontare dell’intera legge finanziaria. Restano le previsioni magre per la crescita (allo 0,5%) e l’obiettivo di portare, fin da subito, il deficit al 3%. Un’operazione, questa, che potrebbe portare l’Italia fin da subito fuori dalle “secche” del Patto di Stabilità anche se finirebbe per sottrarre risorse agli altri interventi previsti. Ma uscire dai paletti Ue è una priorità per il governo che ambisce a risparmiare, strutturalmente, miliardi in interessi sul debito pubblico. E proprio al fine di “ingolosire” la Commissione, che dovrà vagliare occhiutamente la manovra italiana prima di concederle l’imprimatur, emergono nuovi investimenti per la Difesa stimati in più di dodici miliardi. A patto, sia chiaro, che Roma esca dal novero dei Paesi attenzionati dal Patto di Stabilità. Secondo quanto il ministro Giancarlo Giorgetti ha scritto nell’introduzione al Dpfp approvato l’altra sera in consiglio dei ministri, l’aumento della spesa per sicurezza e difesa “dovrà essere graduale anche per non spiazzare altre componenti”. A cominciare dalla sanità: “L’Italia, pur avendo già espresso l’interesse a ricorrere allo strumento finanziario europeo Safe, ritiene necessario effettuare ulteriori approfondimenti sul più ampio tema delle capacità di difesa e sulle compatibilità finanziarie prima di decidere se avvalersi della clausola di salvaguardia nazionale”. Insomma, Giorgetti promette che non saranno dirottate risorse destinate al welfare e ai servizi fondamentali, dalla salute fino all’istruzione, per comprare armi. Ma non è tutto perché nel Dpfp si dà “conto dell’incremento dello 0,15% nel 2026, di 0,3 % nel 2027 e di 0,5 nel 2028 da destinare alle spese della difesa” ma c’è un distinguo fondamentale: “Tale incremento è subordinato all’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo, alla luce del profilo dell’indebitamento previsto da tale documento”. Insomma, l’Ue deve fare la sua parte altrimenti non vedrà esauditi i suoi desideri in fatto di spese militari da parte dell’Italia. Niente, o poche, spese in Difesa in Manovra senza l’uscita dal Patto.

La manovra, però, promette di avere un iter composito. Ci sarà (almeno) una quarantina di ddl collegati alla finanziaria. Dai migranti all’ippica, dai farmaci alle pensioni e fino all’intelligenza artificiale: l’obiettivo è quello di razionalizzare le spese, trovare un modo per reperire risorse con l’obiettivo di alleggerire il carico fiscale ai dipendenti. “Con la manovra – scrive Giorgetti – si darà luogo a una ricomposizione del prelievo fiscale, riducendo l’incidenza del carico sui redditi da lavoro, e si garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale. Inoltre, al fine di dare continuità agli interventi approvati dal Governo, saranno previste specifiche misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese e a garantire la competitività”. Un obiettivo duplice, anzi triplice, e ambizioso: mettere insieme il taglio dell’Irpef al piano triennale chiesto con forza da Confindustria insieme ai sindacati. Sullo sfondo, però, rimane l’attenzione ai conti. Giorgetti, in pratica, non vuole spendere troppo e preferirebbe mantenere un qualcerto rigore sui numeri dello Stato. Il disavanzo possibile è pari a circa 2,3 miliardi somma che deriva dall’obiettivo di confermare il deficit al 2,8% del pil nel 2026 rispetto al 2,7% tendenziale. Insomma, mentre l’Ufficio parlamentare di bilancio conferma le stime del Dpfp bollandole come “accettabili” pur notando “rischi al ribasso”, è arrivato il momento delle scelte. Dalla prossima settimana inizieranno le audizioni. Si comincia martedì mattina con l’Istat (che ha abbassato ieri di un ulteriore decimale la previsione di crescita del Pil, oggi a +0,4%), a seguire il Cnel e la Corte dei Conti. Mercoledì sarà la volta degli analisti Upb, nel pomeriggio lo stesso toccherà allo stesso Giorgetti. Tempo di scelte su cui farà sentire la sua voce anche la premier Giorgia Meloni. Che ieri, a Bari, è tornata sui temi del Sud: “Oggi non è più il fanalino di coda ma si è trasformato nella vera locomotiva d’Italia. Continuiamo ad essere convinti che lo sviluppo del Sud sia un vantaggio per tutta la Nazione e che il suo sviluppo non vada a scapito di nessuno”. E quindi l’impegno: “Questo è il filo conduttore che accomuna tutte le nostre scelte e che continuerà a tessere l’azione che il governo porterà avanti nei prossimi mesi e anni, potendo contare anche sulla preziosa collaborazione dei corpi intermedi e di chi – come il Movimento Cristiano Lavoratori – ha a cuore il futuro, il benessere e la prosperità di questa Nazione”.


Torna alle notizie in home