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Meloni operazione Lega

di Domenico Pecile -

GIORGIA MELONI, MATTEO SALVINI


E adesso cosa accadrà? Già, ora che la Lega si è presa un’importante rivincita elettorale con il risultato alle regionali del Friuli-Venezia Giulia – dove, invece, FdI è passata dal 31,3 per cento delle politiche del settembre scorso al 18,13 dell’altro ieri – continuerà a stare al carro del premier subendone la leadership, oppure alzerà la posta come è già accaduto per il nodo-immigrati e come sta accadendo sul Pnrr? Non sono ancora scintille, ma la tensione dentro la maggioranza è palpabile. Un Salvini ringalluzzito si sente di nuovo il Capitano, fiuta l’aria favorevole, sente che il peggio probabilmente è passato è può contare sui suoi colonnelli al Governo che fanno squadra attorno a lui. Eppure, il successo in Fvg è ascrivibile in grandissima parte al boom ottenuto dal governatore con la sua lista “Fedriga presidente”.
Le tentazioni di Salvini di dettare parte dell’agenda politica del centro destra ci sono, eccome. Dunque, il tormentone del Pnrr è il nuovo casus belli. A dare fuoco alle polveri era stato il capogruppo alla Camera della Lega, Riccardo Molinari, che aveva ipotizzato addirittura la rinuncia dei fondi. Intervenendo alla trasmissione Agorà ieri ha rincarato la dose: “Fitto dice che entro il 2026 alcuni progetti non riusciamo a finirli meglio parlarne subiti che aspettare. Ok? Come si risolve il problema? Ci sono due vie. O si ricontratta in Europa il Pnrr, e quindi si destinano i fondi ad altro, oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male, meglio non spenderli. È un ragionamento assolutamente logico”. Il problema per Molinari “sono i vincoli di spesa” ed occorre chiedersi “se serva impegnare tanti fondi su certe partite”. Secca la replica del premier Meloni che non intende cambiare linea. E rispondendo a Molinari è stata categorica. “Non prendo in considerazione l’opzione di perdere le risorse, ma di farle arrivare a terra in maniera efficace e tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che noi faremo”. Poi ha rincarato così: “L’ipotesi di rinunciare a una parte dei fondi del Pnrr non è sul tavolo. Stiamo lavorando per rimodulare il piano”. Di questo, per altro, aveva parlato anche venerdì scorso durante l’incontro con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. “Stiamo lavorando molto – aveva riferito – anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma che non sono figli di questo governo. Con l’Ue mi pare che il clima di collaborazione sia ottimo anche perché stiamo fornendo l’ulteriore documentazione”.
Ma La Lega non è disposta a mollare. Fa quadrato attorno al suo capogruppo e continua a mettere nel mirino il ministro per gli Affari esteri, Raffaele Fitto che, guarda caso, è un fedelissimo del premier che sta gestendo tutta la story del Pnrr e che Salvini non ha fatto mistero di voler sostituire con un tecnico (il ministro sta trattando con Bruxelles la rimodulazione del Piano, dei progetti e degli obiettivi, rimescolano i miliardi dl Pnrr con gli altri fondi europei a disposizione. E lo stesso Salvini ieri è voluto intervenire per difendere a spada tratta le perplessità sollevate da Molinari. “Il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari e il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, di cui vado fiero – ha tuonato – ascoltando le preoccupazioni di alcuni sindaci, dicono che bisogna assumere persone. Io stesso al ministero devo assumere ingegneri, personale. Ci sono alcune voci che andranno rimodulate, un esempio piccolo è quello degli stadi. Sicuramente, alcune voci di spesa potranno essere rimodulate, penso all’idrogeno per quello di mia competenza. Sul rimodulare su alcune voci ho avuto meno domande, su altre sono in overbooking e trasferire quella voce di spesa laddove ho progetti pronti non penso che sia un atto di lesa maestà, ma di buonsenso”. E a dare man forte a Salvini è sceso in campo anche il governatore del Veneto, Luca Zaia. “Io queste cose le ho dette in tempi non sospetti. Addirittura – sono state le sue parole – fui criticato perché dissi che era fondamentale ritirare il negoziato in base anche alle nostre capacità e anche alle priorità che sono cambiate. L’art. 21 del negoziato prevede questo, del trattato europeo. Ovvero la possibilità di cambiare”. Zaia ha aggiunto che “c’è stato un cigno nero che è stata la guerra, quindi ha cambiato gli equilibri, ha cambiato le visioni e anche la progettualità.
Ma poi alla fine io direi che è fondamentale introdurre il principio dell’overbooking nazionale, che tradotto in soldoni significa che qualcuno alla fine proprio on riesce a investire queste risorse, piuttosto che rimandarle indietro all’Europa è meglio girarle a chi le sa investire”. Meloni invita a non fare allarmismi, ribadendo una volta di più che l’Italia non perderà i fondi. E che tantomeno ha intenzione di rinunciare a una parte dei 200 miliardi europei. E ha promesso “una verifica sulla fattibilità” delle centinaia di progetti previsti e fare una selezione da presentare a Bruxelles. E in suo soccorso sono arrivate le parole di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia. “La commissione europea – ha affermato – lavorerà con il governo per rendere questi programma attuabili. Bisogna essere occupanti più che preoccupati”.


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