Economia

Mes, ma anche no. Meloni adesso prende tempo

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PREMIER


Mes, ma anche no. Giorgia Meloni prende tempo. E da Vienna, dove ha preso parte all’incontro dell’Europa Forum, allontana i tempi della ratifica dell’adesione dell’Italia al Meccanismo europeo di Stabilità. “Penso sia un errore portare ora il Mes in Aula, indipendentemente la si pensi, anche se sei favorevole alla ratifica del Trattato”, spiega la presidente del consiglio che, evidentemente, ha bisogno di far decantare ancora il dibattito. Meloni poi ricorda: “Il Parlamento aveva votato una mozione nella quale chiedeva al governo di non ratificare il Mes, a maggior ragione in attesa delle decisioni che riguardano il quadro complessivo della governance che vuol dire legge di stabilità, unione bancaria e garanzia dei deposti”. La presidente, quindi, rintuzza le polemiche e attacca le opposizioni: “Chi oggi chiede di prendere questa decisione non sta facendo un favore all’Italia. Per cui, indipendentemente dal merito, spero che chi lo ha calendarizzato voglia riconsiderare questa decisione che in ogni caso non aiuta l’Italia in questo momento”.

Insomma, costringere il governo ad affrontare adesso la vicenda Mes è stato uno sbaglio. Azione rintuzza le critiche e le rivolge contro la premier: “Approvarlo ora farebbe male a Meloni, non all’Italia”, tuona la deputata calendiana Daniela Ruffino che definisce “strampalate” le motivazioni addotte dalla presidente, la invita a “spiegare agli italiani le ragioni che hanno spinto i Parlamenti di altri 18 Paesi a ratificarlo” e si chiede se “il ministro dell’Economia” sia “sempre Giorgetti”.

La questione è politica. E ognuno, chiaramente, fa il suo gioco. Un argomento come il Mes, che per la comunicazione politica di Fratelli d’Italia è stato più che centrale durante l’opposizione ai governi Conte bis prima e Draghi poi, è delicatissimo. Meloni non può sbagliare. Perché rischia di sacrificare consensi. E, inoltre, potrebbe trovarsi a dover fronteggiare una fronda interna che non sarebbe disposta a dire di sì anche se mai dovesse arrivare da Palazzo Chigi un ordine di scuderia in tal senso. E sarebbe un detonatore politico in grado di far esplodere una grana non da poco nel centrodestra. Dal momento che, sulla riva del fiume, c’è Matteo Salvini ad attendere la scelta di Giorgia. E lui è pronto a issare, di nuovo, le bandiere euroscettiche. La questione, però, potrebbe essere bypassata dagli eventi. Quello che sta accadendo in Russia, con la brigata Wagner in aperta rivolta rispetto al governo di Mosca, è il tema dei temi. Che fa passare, inevitabilmente, sottotraccia tutti gli altri. Un bel colpo di fortuna, per Meloni.

Mentre la politica litiga, Confindustria incalza il governo. Da Rapallo, a conclusione del convegno annuale dei giovani, il presidente Carlo Bonomi ribadisce gli industriali italiani non sono “siamo né pro né contro il Mes” ma chiedono “di poter utilizzare quelle risorse finanziarie a favore della crescita del Paese non solo economica ma anche sociale perché se ci agganciamo le transizioni ambientali, digitali e green vuol dire che stiamo facendo crescita sociale”. Bonomi ha poi continuato: “L’Italia ha già firmato il Mes ed è impegnata per 125 miliardi. Quindi si sta discutendo di una modifica di un regolamento, di uno strumento cioè nato come salva stati, modificato come strumento sanitario con la pandemia e che oggi potrebbe servire per un eventuale intervento di salvataggio di un sistema bancario. Non quello italiano che ha dimostrato di essere tranquillamente in grado di resistere ad eventuali shock”. Il capo di viale dell’Astronomia ha aggiunto: “Se si sta discutendo di una modifica perché non pensare di inserire nella modifica la possibilità di utilizzare il Mes come elemento di politica industriale, se per transizioni ineludibili, come quelle ambientali, digitali e green bisogna fare investimenti in Europa di 3500 mld e per l’Italia parliamo di 650 mld mentre il Pnrr su questi capitoli ne mette tra i 60-70 mld: vuol dire che imprese e famiglie italiane devono fare 580 mld di investimento. E oggi sappiamo che è impossibile in quanto l’Europa non vuole fare un fondo sovrano”.

Un invito a far presto, invece, è arrivato dal sindacato. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil in piazza per la manifestazione a sostegno della sanità pubblica nazionale, invita il governo a prendere i soldi: “Da tempi non sospetti pensiamo che se ci sono risorse che l’Europa mette a disposizione vanno utilizzate tutte perché ne abbiamo bisogno, certe discussioni non le capisco proprio”.


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