Attualità

Musk, Trump e la democrazia degli scandali

di Adolfo Spezzaferro -


Da culla della democrazia occidentale a Far West degli scandali senza esclusione di colpi. Gli Stati Uniti che vanno a tutta velocità verso le elezioni presidenziali di novembre sono spaccati (almeno) in due: tra chi sta con Donald Trump e chi non sta con Donald Trump. Se i repubblicani non hanno dubbi sul fatto che il cavallo (pazzo) vincente sia l’ex presidente, i democratici rischiano di doversi accontentare del presidente in carica, Joe Biden. Polarizzare nuovamente lo scontro tra i due potrebbe funzionare, ma il clima è sempre più simile a quello delle campagne elettorali che hanno visto Silvio Berlusconi affermarsi nonostante avesse quasi tutti contro (maggioranza degli elettori a parte, ovviamente), dalla stampa alla magistratura ai poteri forti, che oggi si chiamano deep state. Gli analisti sostengono che le incriminazioni contro Trump, così come la questione sollevata dai giudici della Corte suprema del Colorado, secondo cui il tycoon non può partecipare alle primarie per “attentato alla costituzione” (la rivolta di Capitol Hill da lui sobillata), non fermeranno la sua corsa trionfante verso la Casa Bianca. Anche perché la Corte suprema federale esaminerà il caso l’8 febbraio. Ma nel frattempo, appunto, la macchina del fango è in azione sia sul fronte del Gop che dei dem. L’obiettivo è screditare, anzi distruggere l’avversario prima che si arrivi al voto. In questo tritatutto ci è finito evidentemente anche Elon Musk. Perché sarebbe davvero ingenuo pensare che lo “scoop” del Wall Street Journal sul pericoloso consumo di droghe pesanti da parte dell’uomo più ricco del mondo non abbia a che fare con il fatto che il patron di Tesla sia un sostenitore di Trump e dei repubblicani. Cocaina, Lsd, ecstasy, funghi allucinogeni e ketamina: secondo il Wsj, ripreso anche in Italia dai soliti Repubblica e soci, Musk non fa che drogarsi e quindi quello che fa e che dice non va preso sul serio. Tanto che sempre secondo il quotidiano Usa i consiglieri di amministrazione delle sue società e alcuni investitori sarebbero allarmati da questo presunto uso di droghe che metterebbe a rischio non solo le aziende (le stesse che, nel 2023 sono cresciute in Borsa di 92 miliardi rispetto al 2022), ma anche i contratti pubblici firmati con il governo. Così come le uscite pubbliche di Musk al fianco dei repubblicani non vanno prese sul serio perché “influenzate dall’uso delle sostanze”. Peccato però che i legali del proprietario di X (piattaforma social preferita dalla politica Usa) spiegano che Musk viene regolarmente sottoposto a test a sorpresa per l’uso di stupefacenti e “non ne ha mai fallito uno”.
La situazione è drammatica, per i dem. Tanto che l’ex presidente Barack Obama ha invitato Biden e i suoi sostenitori a “potenziare” la campagna elettorale perché è preoccupato dal ritorno di Trump alla Casa Bianca. Dal canto suo, il tycoon ci va giù pesante con il presidente dem: “Ha fatto tanto male al Paese. E sapete cosa può fare nei restanti 10 mesi. Potrebbe arrivare alla terza guerra mondiale. E dice anche che siamo cattivi. Queste persone sono più pericolose del cosiddetto nemico: se sei intelligente, puoi far fronte alla Cina, puoi far fronte alla Russia. A Putin piacevo. Andavo d’accordo con lui. È bello andare d’accordo con persone che hanno armi nucleari, non credi? Sono l’unico candidato che salverà l’America. E io sono quello sotto il quale la terza guerra mondiale non accadrà”. Biden, sotto impeachment alla Camera dei rappresentanti, è nel mirino anche per le beghe giudiziarie del figlio Hunter. Non è escluso dunque che i dem alla fine trovino la quadra per schierare un altro candidato contro Trump. Ma chi? D’altronde Sleepy Joe è riuscito a battere The Donald. Ma ora il quadro è drasticamente cambiato: è in atto un’emorragia di voti dem. Tanti tra i giovani e le minoranze che prima votavano dem non voteranno per Biden, che preoccupa anche per le sue condizioni fisiche e la sua lucidità diciamo intermittente. Questo mentre i sondaggi dicono che Trump è in testa in sette stati chiave.

In Usa presidenziali all’insegna degli scandali

Più il tycoon – proprio come accadde da noi con Berlusconi, al centro di scandali su scandali e comunque vincitore – è incriminato e bersagliato dai giudici più cresce il consenso per lui, che parla di attacco alla democrazia. Vincerà Trump? Per ora a vincere sono gli scandali. E non è escluso che questo vento di crisi delle regole democratiche non spirerà anche dalle nostre parti in vista delle elezioni europee.


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