Editoriale

Natale con i buoi

di Tommaso Cerno -


È il ritorno del presepe, una tradizione che andava perdendosi e che all’improvviso torna nel dibattito con il suo bue e il suo asinello, ma soprattutto con lo scontro ormai asfissiante fra due mandrie politiche che non ci danno tregua neanche per la nascita di Gesù. Perché, da laico, posso tranquillamente affermare che si può credere in ciò che si vuole ma negare che esista in Occidente una cultura plurimillenaria che vuole ricordare, pur traslata nel tempo e nella storia, la nascita di un signore chiamato Gesù di Nazareth, che piaccia o no ha cambiato la storia dell’umanità è davvero qualcosa di indegno per una cultura democratica e multi religiosa. Ben venga il presepe e ben vengano i suoi buoi per ricordare alla politica che sarebbe ora di occuparsi della stalla Europa, dove c’è bisogno di ridare a donne, uomini e animali una collocazione centrale nel nostro progetto di sviluppo.
Per fare questo chiediamo a Babbo Natale, checché ne dicano certe maestre avveniristiche che vogliono distruggere anche il sogno dei bambini nel nome di una scienza che non possiedono e che non ha risolto affatto le questioni che le sono poste, il ritorno a una dialettica capace di far progredire l’Europa anziché fermarla in questo dibattito cieco che porta solo odio e qualunquismo.
Che se l’Italia fosse come avevamo immaginato forse oggi ci sarebbe uno scontro tra la destra e la sinistra sulla base di un’idea del mondo che ci divide. E invece quello che vediamo è che anche il 2023 finisce dentro una specie di lavatrice culturale in cui lo scontro e quindi la centrifuga dialettica cancella anche quel poco di buono che ognuno di noi può dare all’altro nella logica della dialettica. La vera domanda che dobbiamo farci è se siamo noi italiani entrati in questo gorgo oppure è la storia della civiltà democratica che può dire e fare tutto che ci porta verso un periodo in cui ciò che diciamo e ciò che facciamo non ci riguarda davvero, nel senso che siamo vittime anche delle nostre opinioni e ci troviamo di fronte a un sistema che vuole semplicemente catalogarci e dare a ognuno di noi una collocazione precisa nella società che in qualche modo non dipende da ciò che pensiamo ma da dove noi ci schieriamo. E questo significa dipendere da ciò che pensano gli altri e quindi essere un Paese in stato di minorità.
Se c’è una cosa di cui l’Italia avrebbe bisogno oggi, che dovrebbe essere un auspicio per il 2024, è proprio il contrario e cioè capire da dove le nostre intelligenze, le nostre peculiarità possano costruire un pensiero che sia in dialettica con chi ci governa e con chi fa l’opposizione a questo governo contribuisce alla crescita. E invece stiamo per entrare nell’ennesima campagna elettorale. Quella delle Europee che mostrerà a tutti la vera faccia dei leader politici. Con un esito abbastanza scontato e cioè che chi sarà il vincitore avrà ragione sugli altri mentre chi sarà il primo degli sconfitti comincerà a costruire un’Italia alternativa che tenterà di prendere il governo.


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