Politica

L’ANNO DEL DRAGONI – Non amo il premierato ma Monti e Draghi hanno fatto bene solo all’astensione

di Fabio Dragoni -

L'ex premier Mario Draghi alla presentazione del libro di Aldo Cazzullo "Quando eravamo padroni del mondo", Roma, 29 novembre 2023. ///// Former Italian Prime Minister, Mario Draghi, atttends the presentation of Italian journalist Aldo Cazzullo's book "When we were masters of the world" ("Quando eravamo padroni del mondo"), Rome, Italy, 29 November 2023. ANSA/MASSIMO PERCOSSI


Nel 2024 vedrà probabilmente la luce la riforma costituzionale voluta e promossa dal governo di Giorgia Meloni, grazie alla quale gli elettori potranno eleggere direttamente il presidente del Consiglio (premierato). Un restyling della nostra Carta un po’ raffazzonato, a dire il vero. Dovendo il Governo avere la fiducia del Parlamento, pure la legge elettorale dovrà essere modificata si dà garantire all’esecutivo l’appoggio di cui necessita nel corso della sua vita. Avrebbe sinceramente avuto molto più senso che si eleggesse direttamente a suffragio popolare il Presidente della Repubblica che nel corso degli anni ha acquisito un potere di indubbia importanza nel panorama politico italiano. Passando da arbitro a giocatore.

“Ma vuolsi così dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” avrebbe scritto Dante Alighieri. La maggioranza ha ripiegato sull’elezione diretta del premier che potrebbe a sua volta essere sostituito da un collega parlamentare della maggioranza qualora il suo esecutivo cadesse durante il quinquennio. Ma solo questa sostituzione sarebbe consentita. Dopodiché di nuovo al voto. Insomma, una riforma un po’ pasticciata e messa lì. Farà storcere il naso a molti. Pure a chi scrive queste righe. Ma se questa legge fosse stata in vigore già nel 2008, quando fu eletto a furor di popolo il governo di Silvio Berlusconi, la storia di questo Paese sarebbe stata molto diversa. E forse meno catastrofica. Non avrebbero governato Letta, Renzi, Gentiloni e Conte.

E soprattutto non avrebbero governato i due Mario: Monti e Draghi. Non ce l’ho poi così tanto con loro. Giusto quel che basta. Il minimo sindacale. Il primo, pur avendo firmato da rettore la mia laurea in economia all’università Bocconi, si è reso protagonista di una pagina non proprio edificante o comunque entusiasmante per il nostro Paese. Arriva al governo sull’onda di una pesante speculazione finanziaria sui nostri titoli di Stato che aveva fatto schizzare il loro rendimento a dieci anni addirittura intorno al 7%. Avrebbe dovuto salvare il Paese sull’orlo del fallimento, raccontavano i media allora. Ma fu soltanto l’abbassamento costante e graduale dei tassi di interesse decisa dall’altro Mario, Draghi, alla guida della BCE unitamente all’immissione di euro creati dal nulla a calmare le acque.

Nel frattempo, esplodono povertà e recessione. Quello stesso Draghi che sarebbe diventato primo ministro nel 2021 rendendosi protagonista di una delle pagine sinceramente più tristi della nostra Repubblica. Un’esperienza di governo segnata dalla tessera verde per lavorare. Non ti vaccini, non lavori. Anzi ti ammali, muori. Per dirla col suo tono arrogante ed assertivo. Ma la pesante eredità dei due Mario al governo sta nella perdita di fiducia nella politica manifestata dall’opinione pubblica dopo che se ne sono andati da Palazzo Chigi. Se nel 2008 gli elettori che se ne stettero a casa erano stati 10 milioni, cinque anni più tardi, subito dopo il governo Monti, aumentarono a 12 milioni e l’affluenza alle urne scese dall’81% al 75%. Nel 2022, subito dopo la dipartita di Draghi, gli elettori rimasti a casa alle elezioni politiche furono circa 17 milioni.

Quattro milioni in più rispetto ai 13 del 2008. In finale, dei sette milioni di elettori in più che hanno disertato le urne dal 2008 al 2022 ben sei sono il frutto avvelenato della stagione dei tecnici. Non vi è da sorprendersi. Perché mai un elettore dovrebbe interessarsi o appassionarsi di politica per poi vedere due super Mario mai votati salire al ruolo di presidenti del Consiglio nominati da inquilini del Quirinale a loro volta non scelti col suffragio universale? La tanto pasticciata e raffazzonata riforma costituzionale messa in pista dal governo Meloni ci avrebbe risparmiato quei due Mario. E solo per questo merita di essere salutata con fanciullesca simpatia. Se mai ci fosse un referendum confermativo, “turatevi il naso e votate si!”.


Torna alle notizie in home