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Oscar 2024, lo show del cerchiobottismo americano

di Redazione -


di ANNALINA GRASSO

ùGli USA sono il Paese delle contraddizioni per eccellenza e la serata degli Oscar 2024 ne ha dato l’ennesima conferma.

Un colpo alla botte e uno al cerchio, un colpo al politicamente corretto e uno al politicamente scorretto in un valzer di premiazioni più o meno previste.

Come da previsione, la statuetta per il miglior film è andata meritatamente a Oppenheimer di Nolan che ha raccolto 7 statuette su 13 nominations), film che ridisegna la struttura del biopic, fondendo dramma, storia, thriller; una pellicola ipertrofica che sfoggia star hollywoodiane alle prese con grandi interpretazioni, prima fra tutte, quella del protagonista, l’attore Cillian Murphy che si è aggiudicato l’Oscar come miglior attore protagonista e di Robert Downey Jr premiato con miglior attore non protagonista per il ruolo di Lewis Strauss, ex-ammiraglio e presidente della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti d’America.

Nolan mette in luce il genio di Oppenheimer valorizzato e poi messo sotto inchiesta dagli americani, e il suo sguardo che va oltre la materia, oltre la convinzione della necessità di sganciare la bomba perché non c’era altra scelta, perché i nazisti potevano arrivarci prima. L’America rappresentata da Nolan nel suo apparato burocratico, politico, militare e giuridico, dà l’opportunità all’individuo di realizzarsi e di contribuire al progresso del Paese in cui vive, ma al contempo timorosa di subire tradimenti, tiene sotto controllo i propri “eroi”.

Se Barbie è stato considerato durante la scorsa estate il manifesto del nuovo femminismo, durante la notte degli Oscar ha raccolto ben poco, solo il premio alla miglior canzone originale di Billie Eilish. Resta ancora un mistero perché è stato nominato Ryan Gosling e non Margot Robbie come miglior attrice protagonista.

Dalla commedia fiabesca in rosa che non patisce troppo forzature ideologiche, all’exploit Lanthimos in Povere Creature!, che via via si dimostra innocuo, scivolando nel nullaosta concesso ai film “anti-patriarcato”, inaugurato, perlomeno in Italia da Paola Cortellesi, la cui carismatica e coraggiosa protagonista Emma Stone, si è aggiudicata la miglior interpretazione femminile battendo la favorita Lily Gladstone (nativa americana).

In questo caso l’eroina femminista radicale ha avuto la meglio sulle origini della protagonista del deludente Killers of the flower moon di Scorsese, pellicola cupa, lenta e dal montaggio irregolare che purtroppo si limita a ribadire le radici più brutali della (contro) storia patria americana. Il film, che risente della mano ambientalista di Leonardo di Caprio nei panni anche di produttore, non è riuscito a portare a casa neppure una statuetta; la dimensione politicamente corretta del gangster storico di Scorsese emerge soprattutto dai frettolosi ritratti dei nativi americani che muoiono quasi tutti prima dei cinquant’anni, e naturalmente per mano dei perfidi bianchi. Nell’epoca della colpevolizzazione (atteggiamento made in USA) dell’uomo bianco colonizzatore e predatore, Killers of the flower moon è un’opera perfettamente aderente alla tendenza revisionista/autoflagellante attuale, ma che non ha avuto la meglio su un film, quello di Lanthimos. incentrato sull’emancipazione femminile che passa attraverso le esperienze sessuali, vissute da una bambina nel corpo di una donna. Una donna che ha sete di “conoscenza” ed è desiderata dagli uomini. Una donna la cui “libertà”, viene apprezzata soprattutto dagli uomini, perdendo la sua unicità, in linea con la propaganda femminista di oggi.

Ma se c’è stato un film che ha dato uno scossone alla filmografia americana e che addirittura si è aggiudicato un Oscar, quella per la migliore sceneggiatura non originale, questi è American fiction Cord Jefferson, che fa letteralmente a brandelli il perbenismo statunitense e con esso la cancel culture, unendo critica sociale e satira, alla percezione dello stereotipo afroamericano da parte degli Stati Uniti.

All’Academy non sarà parsa come lesa maestà e ha deciso di dare un colpo al cerchio del politicamente corretto, premiando un film che mette alla berlina molti atteggiamenti americani, dimostrando che negli USA c’è posto per il politicamente corretto e per chi se ne prende gioco.

Tutto secondo i piani anche per l’Oscar al Miglior film straniero

Tutto come previsto anche per la categoria miglior film straniero: vince La zona di interesse di Glazer, sconcertante film sull’assuefazione del male nell’ambito storico del Nazismo che però non aggiunge nulla di nuovo sull’argomento, lasciando il finale aperto. Sarebbe stato importante premiare La sala professori di Ilker Çatak, mirabile operetta morale sulla relazione educativa alla quale è stato preferito il tema de La zona di interesse.

Una nota particolare infine merita Anatomia di una caduta di Triet con la straordinaria protagonista Sandra Huller: un mystery alpino, davvero femminista che usa il thriller come espediente per l’analisi di un ménage coniugale facendo largo l’ipotesi che non potremo mai comprendere pienamente nessuno, nemmeno chi vive con noi.


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