Non è un Paese per giovani. Ma pure a loro toccherà il destino di essere vecchi. Fin troppo vecchi quando, forse, scatterà il momento di andarsene in pensione. Il freddo polare che si addensa sull’Italia, in questo scorcio d’autunno, è nulla rispetto al gelido inverno demografico che ci attende. E che l’Ocse ha messo nero su bianco in un report: sì, proprio in Italia, se tutto andrà bene (o per meglio dire, se non andrà peggio…) si andrà in pensione a 70 anni suonati.
Il Paese dei giovani spariti
Non è un Paese per giovani. Anzi, di giovani non ce ne sono quasi più. “I giovani sono pochi. Come mai è avvenuto nella storia passata, salvo forse soltanto dopo guerre devastanti e per aree specifiche”. E il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, suona la sveglia alle istituzioni politiche ed economiche. Se continuiamo così, non andiamo da nessuna parte. Eppure non servirebbe poi molto a far svoltare la situazione: “Il ruolo delle pubbliche istituzioni non è affatto indifferente, così come lo è la vitalità del tessuto economico – ha affermato ieri il Capo dello Stato nel suo intervento alla quinta edizione degli Stati generali della natalità-. Condizioni adeguate di retribuzione e sviluppo dei servizi sociali consentono orizzonti di vita nei quali è possibile orientare le proprie scelte verso la gioia di avere figli e non verso la rinuncia ad averne”.
Mattarella denuncia un paradosso, odioso, della società e dei tempi che ci è toccato di viere: “In una società centrata sulla velocità, sul tempo reale, i giovani vengono messi in condizione di rischiare di essere in costante ritardo. Ma non è loro responsabilità. In ritardo nel trovare una occupazione stabile, in ritardo nel rendersi autonomi dalla famiglia di origine, nell’avere accesso a una propria abitazione. In ritardo nel mettere su famiglia e anche nell’avere figli”. Impresa ardua, impossibile, al giorno d’oggi: “Parliamo delle difficoltà della precarietà e dei bassi redditi, dell’ardua impresa di accesso a una abitazione nelle aree urbane, dalle carenze dei servizi che rendono difficile conciliare i tempi del lavoro con quelli della vita familiare e con la cura di familiari in età avanzata”.
Tornare alla Costituzione
Mattarella invita tutti a non girarsi più dall’altra parte: “La generatività ha valore umano e ha valore sociale. È la società nel suo insieme che deve comporre un ambiente favorevole e assicurare piena libertà di poter avere dei figli. Il senso di una coscienza collettiva, capace di sviluppare reti di solidarietà. È un dibattito che appartiene interamente al discorso pubblico”. Che fare? Tornare alla Costituzione. E, in particolare, all’articolo 31 che “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù” e che Mattarella non si stanca di citare ancora una volta. “Occorre aiutare la vita a sbocciare e porre le persone al centro degli interessi della comunità. Per questo la vostra riflessione è importante: non siamo condannati al declino”, carica il Presidente. Che aggiunge: “Il nostro futuro, quello delle nostre famiglie, della nostra società, è parte del nostro presente, perché il suo concretizzarsi è frutto delle scelte che compiamo oggi e una società consapevole che sa accogliere la vita, sa accogliere le persone, è fin d’ora una società più forte”. Intanto, la nostra, è una società che ha tolto già tutto alle generazioni più giovani. Persino il diritto ad andare in pensione a un’età dignitosa.
In pensione a 70 anni
L’Ocse, ieri, ha inserito l’Italia nel poco lusinghiero elenco dei Paesi in cui, da qui a qualche anno, per smettere di lavorare bisognerà aver superato addirittura i 70 anni. Siamo in buona compagnia: Svezia, Lussemburgo, Danimarca. Tutti Paesi europei. Perché il dramma è di tutti, nel Vecchio continente, non solo nostro. E ciò non valga a scriminante. Semmai, per un Paese come l’Italia da sempre “prolifico”, quello che accade assume un valore ancora più grave e pericoloso.
Un destino che si può cambiare?
Il declino, però, non può essere un destino ineluttabile. Ma bisognerebbe recuperare un senso di comunità per dare una scossa a un Paese che sta invecchiando. E che, nel farlo, mostra tutti i segni caratteristici, gli stereotipi, che la Commedia dell’Arte attribuisce alla vecchiezza: avidità, grettezza, egoismo. E immobilismo. Eppure bisognerebbe ritrovare il coraggio di scegliere che Italia vogliamo, come ha spiegato il Capo dello Stato: “La struttura, l’equilibrio demografico di un Paese riflettono il progetto di vita che lo connota. Sono l’immagine della libertà dei suoi cittadini nel definirne il futuro”. Se continua così, per questo Paese, l’immagine sarà quella sbiadita di un vecchio ricordo. Di una culla vuota, piena solo di rimorso.