Politica

Piccoli Vannacci crescono: il libro che diventa caso politico

di Domenico Pecile -


Le prove tecniche sono state effettuate ben prima del botto scaturito dal libro “Il mondo al contrario”, la cui eco si è trasformata in caso politico che sta investendo come uno tsunami il mondo della destra. Era infatti il 29 luglio quando l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno assieme a Massimo Arlechino aveva organizzato a Orvieto la due giorni su il Forum dell’Indipendenza italiana. Vi avevano partecipato ben 38 sigle della destra sociale e del dissenso in genere (“Rappresentano la destra diffusa e i mondi del dissenso che vogliono cambiare l’Italia e liberarla da ogni sudditanza”, aveva scritto Alemanno).

La scelta del luogo non era stata casuale, perché Orvieto per vent’anni è stato il luogo degli incontri della destra sociale e, dunque, all’opposizione a Gianfranco Fini in Alleanza nazionale. Chiaro il messaggio di Alemanno indirizzato in primis a Fratelli d’Italia: dimostrare che uno spazio alla destra dei partiti di governo esiste come pure un buon potenziale di elettori. In un recente sondaggio di Antonio Noto, presentato proprio a Orvieto, è emerso che il 10% valuterebbe l’ipotesi di votare un partito, di Alemanno, mentre il 30% si era detto indeciso. E tra quelli che valuterebbero la proposta della destra sociale i leghisti sono il 27% e i berlusconiani il 22%. E in attesa di capire quale seguito avrà il Manifesto di Orvieto, l’ex sindaco di Roma e i suoi danno appuntamento al prossimo autunno. In mezzo è già scattata la caccia al reclutamento. E proprio per queste ragioni il caso-Vannacci – difeso strenuamente da Alemanno – cade a fagiolo. Ma lo spettro di interesse della destra sociale guarda oltre i confini della destra ortodossa e – dato per scontato che ad esempio potrà contare su Forza Nuova di Roberto Fiore – si allarga ai no-Green pass, ai pacifisti e al mondo cattolico (Alemanno, tra l’altro, ha aderito al Comitato trasversale “Fermare la guerra”), anche perché uno dei punti chiave di rottura con Meloni è stata la scelta di appoggiare la guerra in Ucraina.

Ma Alemanno si spinge oltre nella dura requisitoria contro Meloni. Le rinfaccia di essere accodata ai cavalier serventi di Biden e alla Commissione europea, sprecando le opportunità della via della seta. Non soltanto, ma viene chiesto al governo di aprire al salario minimo, di trovare un’alternativa fattibile e credibile al reddito di cittadinanza (“La Sinistra mi stima”, ha dichiarato in una recente intervista), di archiviare l’ipotesi dell’autonomia differenziata. Insomma, la stroncatura di base è che, secondo Alemanno, il governo-Meloni persegue politiche in continuità con Draghi dopo che le fortune elettorali del premier sono state ascritte soprattutto perché Meloni era stata l’unica voce di dissenso al precedente governo. Eppure, per adesso dentro Fratelli d‘Italia fanno spallucce. Meloni non ha mai nascosto di non avere in grande considerazione Alemanno, mentre due giorni fa Giovanni Donzelli, uno dei pretoriani del premier, aveva liquidato il possibile progetto di Alemanno dicendo che a destra di FdI non c’è spazio alcuno. E infatti, l’unico vero avversario di Meloni a destra resta il movimentismo e il rispolverato populismo di Salvini. E sempre dentro FdI ricordano quando Francesco Storace fondò la Destra che poi naufragò. Tra l’altro, lo stesso Storace in questi giorni ha voluto rimarcare che lui con il progetto di Alemanno non c’entra proprio nulla. E allora su chi può contare questa, per ora fantomatica, nuova destra? I nomi che circolano sono per adesso molto pochi. Sono stati fatti quelli degli ex parlamentari Fabio Granata e Marcello Tagliatela. Ed è circolato pure quello di Franco Cardini, autore de “L’intellettuale disorganico”.

Alemanno fa buon viso a cattiva sorte e anziché di possibili ingressi di nomi noti preferisce parlare di base, di elettori e di scontenti. Come quelli venuti alla luce grazie al libro del generale Vannacci. Il quale, dopo avere escluso un suo diretto impegno in politica, ha virato affermando che non chiude quella porta. “Non ho formazione politica – ha precisato – non ho le basi per fare politica perché ho fatto il soldato quindi dovrei anche valutare se ne fossi in grado”. Ma resta per molti esponenti del centro destra un nome spendibilissimo per la politica. Ed è anche un segnale che dentro la galassia della destra qualcosa si sta muovendo e che i mali di pancia per la svolta in chiave di realpolitik di Giorgia Meloni sono abbastanza diffusi al punto che alcuni politologi affermano che la svolta moderata e governista del premier potrebbe ingenerare lo stesso meccanismo che ha portato, nei vari lustri in cui ha governato, a continue scissioni delle frange più oltranziste. L’unico che pare avere idee chiare e mercato – non soltanto letterario – è il generale Vannacci. Che, dovesse scendere in politica, a destra non avrebbe che l’imbarazzo della scelta, con buona pace del ministro, Guido Crosetto.


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