La Coscienza di Zero

La politica del non essere- parte 3: Sintesi

di Gioacchino Marino -


Essere dell’apparire come apparire dell’essere. E sti gran cazzi? Sì certo è una provocazione proditoria e sovradimensionata. Scomodare Hegel, parlando di tesi antitesi e sintesi, per la politica italiana forse sembra davvero pretestuoso oltre che difforme dalla realtà, e anche potenzialmente pericoloso per gli effetti di panico che potrebbe scatenare, considerando che una nutrita porzione dei residenti in Parlamento (percentuale che preferiamo non conoscere sinceramente) sentendo nominare Hegel probabilmente penserebbe a una variante Covid.

Ma la politica del non essere trova la sua consacrazione nella manifestazione dell’apparenza come sostanza della realtà. Dopo aver ribaltato il ruolo dell’impegno politico non nell’affermare proprie idee ma nel confutare quelle dell’antagonista, presentandosi come il diverso dall’atro, e accettando la logica del meno peggio, e dopo aver volto lo sguardo verso ciò che ha una minore coefficiente di difficoltà nella propria risoluzione, oggettivando l’inessenziale come prioritario e rendendo urgente ciò di cui si parla, con apposito e preventivo dibattimento mediatico, in modo da inculcare nel pubblico votante la consapevolezza che i problemi di cui si parla e per cui si trova soluzione siano quelli reali, se non gli unici, il terzo e definitivo step è l’appropriazione del tema generale vestendolo di aderenza ai propri principi. In pratica prendi un tema o una questione urgente e ne rendi politicizzata la sostanza, poco importa se con la politica, soprattutto di un singolo stato nazionale, poco ha a che vedere se non nell’eventuale adeguamento di politiche economiche o sociali a tale tema. Trovi un tema portante nella comunicazione, e lo politicizzi, gareggiando con l’antagonista sulla presa di posizione, chi prima ci pensa prima sceglie. Ed ecco che la fede in principi scientifici è di destra o di sinistra indipendentemente dalla verosimiglianza scientifiche.

Elemento paradigmatico è il cambiamento climatico.  Caldo fuori del comune, eventi climatici estremi come non eravamo abituati a osservare se non nei video servizi dall’estero, alluvioni continui, poco importa. Non ci si siede a un tavolo per discutere cause e rilevanze ma ci si schiera in base alla propria appartenenza. Se sei di sinistra credi nell’apocalisse climatica prossima ventura, senza se e senza ma e soprattutto senza dubbi, se sei di destra dileggi tale atteggiamento e liquidi la questione dicendo che d’estate fa sempre caldo e d’inverno piove e fa freddo. Ma che cazzo di posizione è mai questa.

Senza alcuna conoscenza scientifica del tema, senza alcuna preparazione le avanguardie culturali della destra (e non c’è sarcasmo in tale affermazione) moltiplicano i loro interventi sui social stigmatizzando chi crede che l’ecosistema stia andandosene a quel paese. Ma può mai esser questa una discussione seria? Possibile che tutto si riduca a una logica di schieramento, del resto già col covid e soprattutto coi vaccini si era visto una tendenza a essere a favore o contrari non in base a rilevanze mediche o studi specialistici ma solo in base al colore della propria bandiera. Va bene affrontare il tema economico dell’auto elettrica, anche se pure in questo caso pare che sia blasfemia parlare di inquinamento, va bene possiamo comprendere la solidarietà ai produttori di petrolio, anche se coincidenti con i nostri cattivi coinquilini (sul pianeta) islamici, ma la scelta non è mai basata su uno studio, su una analisi tecnico scientifica, ma solo su posizioni aprioristiche.

E così, di attualità in attualità anche la violenza sulle donne diventa un canone della destra o della sinistra. Non una discussione se esista o meno una cultura maschilista nella quale cova tale insidia, non una valutazione su possibili correttivi pedagogici o sociali, ma una semplice appartenenza di schieramento. Sei di sinistra, gli uomini sono tutti colpevoli anzi diciamolo sono tutti delinquenti, sei di destra e vabbè, gli uomini non hanno colpe se non i colpevoli effettivi, anzi maschio è bello. Perché nella politica del non essere la sostanza non ha più di tanta importanza, ma solo l’apparenza. E allora la corsa è appropriarsi dei temi portanti in quel frangente della cronaca, prendere per primi una posizione significa scegliere, e portare avanti un tema o un anti tema saggiando l’opinione della maggioranza, e scegliendo in base a dove porta l’opinione più diffusa in modo da impersonare essere fautori di tale opinione.  

E così si porta a compimento il cortocircuito per cui l’apparenza viene contrabbandata per realtà, all’interno del tempio dedicato alla comunicazione, trionfa il dio del nulla, mentre si nutre l’antico archetipo della società umana, è necessario che tutto cambi perché niente possa cambiare. L’obiettivo è indurre a non credere che esista evoluzione, che l’alternanza di schieramenti e di governi sia davvero capace di dare svolte significative alla situazione nazionale, che scegliere sia davvero scegliere, e non soltanto consolidare posizioni che non cambiano se non nella loro forma apparente. La deriva di tale scetticismo indotto, ben nota a tutti, ma troppo spesso dimenticata è l’astensionismo politico. I dati dei non votanti delle ultime politiche sono imbarazzanti. Imbarazzanti sia per chi vince che per chi perde le elezioni; né tantomeno vogliamo dire che sia delegittimato un governo dall’astensionismo, siamo dentro la costituzione e chi rinuncia al diritto di voto lo fa con maggiore o minore consapevolezza ma delega ad altri la scelta dei governanti, piuttosto ci viene da sospettare che più aumenta l’astensionismo più diventa semplice vincere, e magari va bene così. Ma certo tale elemento, che scompare dai sondaggi che accompagnano il percorso di una legislazione dovrebbe pur far riflettere. Sì ma questa è un’altra storia….

Leggi le puntate precedenti

Politica del non essere-parte 1: Tesi


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