Editoriale

Premierato, ora si fa sul serio

di Adolfo Spezzaferro -


Ora si fa sul serio: approvata l’elezione diretta del presidente del Consiglio. La commissione Affari costituzionali del Senato ha dato il via libera al cuore della riforma sul premierato, con il voto dell’emendamento del governo all’articolo 3 del ddl. È la modifica all’articolo 92 che inserisce in Costituzione il principio dell’elezione diretta (con il limite dei due mandati). Un passo cruciale verso quella che FdI, il partito della premier Giorgia Meloni, considera la “madre di tutte le riforme”. L’articolo 92 della Costituzione sarà sostituito dal seguente: “Il governo è composto del presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni”. Gli elettori dunque potranno scegliere direttamente chi guiderà il governo del Paese: un’occasione storica per far riavvicinare i disamorati alle istituzioni, per ridurre una volta per tutte l’astensionismo. La soluzione più efficace per porre rimedio a un vulnus della democrazia parlamentare e della rappresentanza politica: governi eletti da una minoranza di elettori, ché la metà degli aventi diritto non si reca proprio a votare. Per non parlare di quanto la tanto agognata stabilità ci porrà in ottima luce nello scenario internazionale: basta esecutivi che durano un battito di ciglia e che crollano per qualche mal di pancia in maggioranze talmente eterogenee ed eterodirette da non potersi mettere d’accordo su nulla. Stabilità e turnover, come si suol dire in gergo calcistico.
L’emendamento che ha avuto il via libera infatti introduce il tetto di due mandati per il premier eletto. Altro che terzo mandato per i governatori. Ma anche il conferimento della possibilità di revoca dei ministri al capo dello Stato su proposta del premier e l’eliminazione della soglia del 55% dei seggi come premio di maggioranza. La proposta di modifica dell’Esecutivo che ha ottenuto il via libera si limita a un riferimento di un “premio su base nazionale”. “Un emendamento che è stato rinnovato dopo l’ascolto delle opposizioni e dei costituzionalisti – spiega il ministro delle Riforme Elisabetta Casellati – abbiamo eliminato la soglia del 55% contestata perché introdotta nella legge costituzionale, e lo riportiamo nella legge elettorale. Abbiamo dato il potere di nomina e revoca dei ministri al premier, sempre per il tramite del presidente della Repubblica, quindi abbiamo accresciuto il potere del capo dello Stato che non aveva certo il potere di revoca. Inoltre è stata richiesta la costruzione di un diverso rapporto tra il premier eletto e il secondo premier e anche questo, nell’articolo 4, lo abbiamo recepito”. Respinte al mittente dunque le critiche di chi lamentava un depotenziamento del presidente della Repubblica. È vero il contrario.
Certamente, poi c’è da sciogliere il nodo della legge elettorale – altra critica mossa dalle opposizioni, su cui in maggioranza c’è l’accordo a discuterne dopo l’ok in prima lettura alla riforma del premierato in entrambi i rami del Parlamento: “Una legge elettorale – ribadisce il ministro – non può precedere una riforma costituzionale, perché ingabbierebbe il dibattito sulla riforma. Sarebbe un non senso”. Sui tempi del premierato, invece, la Casellati ritiene che “il testo finirà il suo percorso in commissione almeno alla fine di questo mese, poi potrà andare in aula: comunque i tempi li determina sempre la discussione parlamentare, non è certo il governo a imporli. Noi siamo sempre stati larghi anche sotto questo profilo, poi vedremo come andrà il dibattito”.


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