Primo Piano

Qatargate il video segreto

di Rita Cavallaro -

EVA KAILI VICE PRESIDENTE PARLAMENTO EUROPEO


 

C’è un altro filone del Qatargate che coinvolge direttamente la Francia con uno scandalo che parte dal Paris Saint-Germain e apre un intrigo internazionale fra servizi segreti, ricatti e video privati compromettenti. Al centro Tayeb Benabderrahmane, 41 anni, uomo d’affari franco-algerino e lobbista vicino al Psg, che ha denunciato di essere stato arrestato illegalmente e torturato durante la detenzione in una prigione segreta a Doha, dal 13 gennaio al 31 ottobre 2020, perché in possesso di documenti scottanti su Nasser Al Khelaifi, presidente del Paris Saint-Germain e capo dell’Eca, l’associazione dei club europei che elegge membri del comitato esecutivo della Uefa. E quel dossier gli sarebbe stato commissionato da Ali ben Samikh Al-Marri, il ministro del Lavoro del Qatar finito nelle carte dell’inchiesta sulla corruzione all’Europarlamento, perpetrata dal gruppo animato dal dem Antonio Panzeri e dal suo cerchio magico al soldo dell’Emiro, di cui fanno parte anche l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, e il suo compagno Francesco Giorgi, accusati dalla Procura federale belga di aver preso tangenti per sostenere gli interessi del Qatar, con un sistema truffaldino che coinvolge oltre 60 europarlamentari. Nelle carte dell’indagine è messo nero su bianco che il contatto tra Panzeri e Giorgi è proprio Al-Marri il quale, grazie alla mediazione del gruppo, il primo novembre aveva incontrato l’allora vicepresidente Kaili. Il ministro qatariota, diventato il volto dell’Emirato sui diritti dei lavoratori migranti, l’11 maggio scorso aveva inoltre avuto una bilaterale con la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola. È proprio Al-Marri ad aver setacciato parlamenti di tutto il mondo, contatti diplomatici a Bruxelles e politici di ogni schieramento per valorizzare “i buoni principi” del Qatar e per sponsorizzare le riforme adottate da Doha negli ultimi cinque anni. La propaganda che si scontra con quei 6.500 operai morti sotto il sole cocente e la mancanza di sicurezza per la costruzione degli stadi, in cui si sono giocate le partite del Mondiale, vinto ai rigori dall’Argentina, la squadra che infranto i sogni di gloria proprio della Francia.
“Lo scandalo che sta scuotendo in questi giorni il Parlamento Europeo ci fa scoprire che il Qatar ormai sta provando a comprare la democrazia europea come se fosse una squadra di calcio. Se oggi parlo è per ristabilire la verità. Molte bugie sono state dette contro di me e la mia famiglia”, dice Tayeb Benabderrahmane a L’Identità. E racconta l’intrigo in cui, suo malgrado, è finito intrappolato, che trae origine, ancora una volta, dai desideri dell’Emiro Tamim bin Hamad Al-Thani di mettere le mani sulla Coppa del Mondo 2022. E che è proseguito nell’azione corruttiva di soft power degli ultimi 10 anni nei diversi Paesi. Tra questi la Francia che, secondo lo storico presidente della Fifa Sepp Blatter, ebbe il ruolo cruciale nell’assegnazione dei Mondiali a Doha. “Una settimana prima del Congresso della Fifa l’allora presidente della Uefa Michel Platini mi chiamò e mi disse che il nostro piano di assegnare i Mondiali a Russia e Stati Uniti non avrebbe funzionato. Mi disse che l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, in contatto con il principe ereditario del Qatar, gli aveva chiesto di fare il possibile per assegnare il torneo al paese arabo”, ha ammesso Blatter in un’intervista. “Sei mesi dopo, il Qatar ha acquistato aerei da caccia francesi per 14,6 miliardi di dollari”, ha aggiunto. L’anno successivo ha comprato pure il Paris Saint-Germain, salvando il club e facendolo diventare il simbolo dei progetti qatarioti nel calcio. Un simbolo che ora mostra il modus operandi di un sistema corruttivo che vede avvicendarsi spie prezzolate, fiumi di mazzetti, ricatti con video hard. Tutto inizia nel 2016, con un taccuino arrivato nelle mani della Dgsi, i servizi interni francesi. In quel diario ci sono informazioni riservate, perfino operazioni di difesa e sorveglianza. Ma quando, alcuni mesi dopo, il contenuto viene pubblicato nel libro di Alex Jordanov dal titolo “Le guerre nell’ombra della Dgsi” la situazione si fa incandescente. Si cerca la talpa e gli 007 francesi arrivano a Malik Nait-Liman, ex membro dei servizi e, in quel momento, dipendente del Psg. Nella perquisizione vengono trovati supporti tecnologici pieni zeppi di dati. L’ex spia ammette di aver usato i suoi contatti in polizia, allettandoli con ospitate nei palchi d’onore alle partite, per indagare sull’entourage del presidente Al Khelaifi. È qui che entra in gioco Tayeb, agganciato dai qatarioti nel 2017 affinché investigasse per scoprire i motivi per i quali, nonostante il Paese del Golfo investiva cifre colossali in Francia, veniva comunque disprezzato. Insomma, il Qatar aveva pagato il lobbista per raggiungere l’obiettivo primario: ripulire l’immagine dell’Emirato che viola i diritti umani. “Il Qatar è un paese dove la vita, la dignità, i diritti di un essere umano, se non è qatariota, non hanno quasi nessun valore. Purtroppo per me, mi sono reso conto del mio errore di valutazione solo quando il danno era fatto”, ci spiega Tayeb, sottolineando che fu proprio il ministro qatariota Al-Marri a volerlo come consigliere. “Seguivo le indicazioni che ricevevo dal mio supervisore, il quale mi ha detto che la lotta alla corruzione all’interno degli enti finanziati con denaro pubblico e il dirottamento di ricchezze dal Qatar erano diventate una priorità per le massime autorità dello Stato e mi ha quindi incaricato di raccogliere tutti gli elementi relativi a questi soggetti per quanto riguarda gli investimenti del Qatar in Francia e in Europa. Ovviamente il Psg”, sottolinea, “era uno degli argomenti a cui dovevo interessarmi”. Man mano Tayeb si relazionava con Al-Marri e con un cugino del presidente, Ali bin Fetais Al-Marri, procuratore generale del Qatar e presidente fondatore della ong anticorruzione Rolaac. “Non ho sospettato inizialmente che il mio datore di lavoro stesse mirando a questi indagini non per combattere la corruzione, ma per danneggiare Nasser Al-Khelaifi”, precisa Tayeb. Che in quel momento chiese a Niait-Liman di favorire contatti politici del Qatar per avere la meglio sui concorrenti degli Emirati Arabi Uniti. Per gli 007 francesi i posti alle partite del Psg sarebbero stati dunque utilizzati per agganciare personalità come Yassine Belattar, che Benabderrahmane descrive come “molto legato al presidente Emmanuel Macron”. E dai metadati di alcuni file trovati a Niait-Liman i servizi scopriron il nome “Tayeb” come autore dei documenti. Migliaia di file ritrovati nella chiavetta usb e visionati dai servizi, tra cui chat di Al-Khelaïfi con calciatori del Psg come Thiago Silva o Zlatan Ibrahimovic, foto rubate in momenti di relax, quelle in cui c’è l’emiro Al Thani e anche prove di pagamento. E poi ore e ore di video registrati nel 2018 da una telecamera nascosta in una stanza da letto, che aveva ripreso i momenti intimi del presidente Al Khelalfi con una donna. Così il 13 gennaio 2020 Benabderrahmane fu arrestato per aver minato la sicurezza dello Stato e per la detenzione delle “registrazioni rubate della vita intima” di Al Khelaifi. Due settimane dopo l’arresto del lobbista, Hicham Karmoussi, steward del presidente del Paris Saint-Germain, registrò un video messaggio in cui, terrorizzato, spiegava di aver lavorato per due decenni per Al-Khelaifi e di sapere troppe cose, tanto da essere minacciato dall’esponente del Qatar, probabilmente proprio per quei video hard di cui l’uomo era protagonista. “Se mi succede qualcosa lui è l’unico responsabile, è Mr. Al Khalaifi il responsabile”, diceva Karmoussi nel messaggio, trovato nel disco rigido sequestrato dai servizi segreti.
“Volevano mettermi a tacere e pretendevano che consegnassi tutto il dossier, per questo mi hanno accusato di aver tentato di ricattare Al-Khelaifi”, spiega Tayeb. Torturato per mesi, è stato rilasciato solo dopo aver firmato, sotto costrizione e la minaccia di una multa di 5 milioni di euro, un protocollo transazionale con il quale si impegnava a fornire al Qatar un certo numero di dati in suo possesso. E gli sono stati confiscati i beni. “Può sembrare paradossale, ma ad oggi il dottor Ali bin Samikh Al-Marri non mi ha notificato il mio licenziamento. Il mio contratto di lavoro è ancora valido e crea diritti e doveri”, rivela. Doveri, probabilmente, che gli impediscono, al momento, di divulgare tutti i dettagli alla base del dossier commissionato contro il presidente del Psg dal ministro Al-Marri. Dettagli di cui Benabderrahmane ha già informato gli inquirenti francesi, e dei quali è a conoscenza anche il presidente Macron, come dimostra una lettera del 17 ottobre scorso recapitata alla moglie di Tayeb dall’Eliseo. Nella missiva viene sottolineato come il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna sia stata incaricata di seguire il caso della detenzione arbitraria di Benabderrahmane. Alla cui base si configura la guerra dei clan nell’Emirato, portata avanti nel modo che i qatarioti conoscono meglio. Con i soldi e i ricatti. E con i tentacoli nelle istituzioni del mondo. Anche in quel luogo sacro, che sembrava il Parlamento europeo. Violato dal casinò Panzeri, da uno che si vantava delle ruberie e che, mentre consegnava mazzette, diceva: “Sembriamo quelli di Ocean’s Eleven”.Per lui e per la figlia Silvia la procura ha chiesto il congelamento dei beni.

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