L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Politica

Giustizia, c’è la riforma: ora, polemiche fino al referendum

Sarà scontro continuo, in vista della consultazione elettorale di primavera

di Angelo Vitale -


La riforma della giustizia è realtà: ora, polemiche a oltranza fino al referendum.

La riforma della giustizia

Una intitolazione ormai entrata nel gergo comune per dire della “separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e di quelli requirenti”. C’è subito da chiedersi quanto ne sanno o ne hanno capito tutti gli italiani, non solo quelli appassionati al dilaniante conflitto tra la maggioranza di centrodestra che governa il Paese da tre anni e le opposizioni che la contrastano. E hanno cavalcato, ogni volta, il tema di turno in un’agenda quotidiana dettata dalla cronaca o dai programmi di Palazzo Chigi.

La premier Giorgia Meloni

La premier Giorgia Meloni è soddisfatta del voto a Palazzo Madama: 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. “Compiamo – dice – un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. Un traguardo storico e un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani”.

Ed evidenzia subito il nodo che rimane irrisolto – il via libera è arrivato senza l’ok dei due terzi dei voti del Parlamento -: “Governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi attraverso il referendum confermativo”.

Il referendum

Una consultazione – tra marzo e aprile del 206, probabilmente – che solo per la sua natura passerà indenne nelle paludi dell’astensionismo con il quale finora gli italiani hanno bollato una politica che continuano a vedere distante. Conterà, infatti, la maggioranza di chi va a votare, non c’è quorum.

Intanto, in molti si chiedono se la separazione delle carriere (se ne parlava dalla Costituente e ci ragionava un giudice come Giovanni Falcone, che però restringeva la questione alla distinzione dei ruoli) cambierà davvero le cose.

L’Anm ne lamenta addirittura l’inefficacia riguardo alle “lacune dell’organico amministrativo” come se possano dipendere davvero da una riforma costituzionale.

Matteo Renzi

Ha buon gioco il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ad affermare “”Non cambia niente per Mario Rossi”. Italia Viva si è astenuta, sostenendo che la riforma sia troppo poco, insistendo sulla mancanza di coraggio per non aver affrontato di petto pure il tema dell’obbligatorietà dell’azione penale.

L’ex presidente del Consiglio è pure sferzante con quel “campo largo” nel quale altalena la sua presenza: “Al centrosinistra dico che se pensate di costruire una piattaforma sulle rivendicazioni della Anm, state cacciando dal centrosinistra un sacco di gente riformista che ha bisogno di portare le ragioni del garantismo da questa parte del campo”.

Verrà il referendum, allora. E quindi il Parlamento si confermerà essere stato, piuttosto che “camera di compensazione” favorendo il confronto e il dialogo, una sorta di “pentola a pressione” nella quale è stato cucinato il conflitto che animerà la campagna elettorale futura.

Carlo Nordio

Non ne sembra preoccupato il “padre” della riforma. “Mi auguro – dice il ministro della Giustizia Carlo Nordio – che il referendum venga mantenuto in termini giudiziari, pacati e razionali e che non venga politicizzato, nell’interesse della politica e soprattutto della magistratura alla quale mi sento ancora di appartenere”. Ma subito accende una nuova miccia: “Non si tratta – e in questo senso mi riferivo alla litania petulante che ho sentito – di una legge punitiva nei confronti della magistratura, quando questa separazione era stata prospettata niente meno che da Giuliano Vassalli, che era un eroe della Resistenza. Quindi trovo improprio che si ripeta la tiritera sull’attentato alla Costituzione e via discorrendo”.

Si parlerà di altro fino a primavera

C’è da scommettere, perciò, che sicuramente a maggiore opera delle opposizioni ringalluzzite dal nuovo terreno di polemica spianato da questa riforma della giustizia, si discuterà nei prossimi mesi del referendum parlando d’altro. Piuttosto che – per esempio – di quegli errori giudiziari a Palazzo Madama plasticamente rappresentati, sulle tribune del pubblico, dalla presenza di Diego Olivieri, Angelo Massaro e Antonio Lattanzi che ne sono stati vittime.

Le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari, dal 1991 al 31 dicembre 2024, sono state ben 31.949. Il senatore 5 Stelle Roberto Scarpinato, ex magistrato, preferisce però dividere le scelte del referendum tra buoni e cattivi: tra la magistratura che “ha avuto morti” e “i politici corrotti”.


Torna alle notizie in home