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Attualità

Il ritorno di Emiliano in magistratura è la rappresentazione di un sistema che ha smarrito ogni logica

di Redazione -


di Rinaldo Romanelli, segretario dell’Unione Camere Penali Italiane

Il paradosso del ritorno di Emiliano in magistratura

Il ritorno di Emiliano. Che un magistrato, dopo vent’anni di politica, possa rientrare nel suo ruolo chiedendo la più alta valutazione di professionalità possibile presentando, nel fascicolo, non sentenze ma atti amministrativi firmati da presidente di Regione, è un paradosso così perfetto che sarebbe ingeneroso non coglierlo. Eppure, questo episodio non è un’eccezione folcloristica: è il sintomo più evidente di un sistema che ha smarrito da tempo l’idea stessa di cosa significhi “valutare” la professionalità di un magistrato. È il malinconico punto di arrivo di una lunga storia che ha progressivamente svuotato di significato le “promozioni” dei magistrati, così le chiama espressamente l’art. 105 della Costituzione, trasformandole da strumento di selezione rigoroso, a pressoché inutile formalità.

Un tempo, fino alla metà degli anni ’60, le valutazioni dei magistrati erano realmente selettive: si giudicavano sentenze, requisitorie, motivazioni. Le “promozioni” erano poche, difficili e legate al lavoro concreto e possibili solo se si liberava un posto in una funzione più elevata (Consigliere di Corte di Appello, Consigliere di Cassazione). Era un sistema non privo di controindicazioni certo, ma coerente con l’idea che la giurisdizione richiedesse competenza e responsabilità.

Le riforme che hanno cambiato il sistema

Poi, tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70, con una serie di scelte normative e soprattutto interpretative propugnate dalla magistratura associata, tutto è cambiato. I ruoli sono stati aperti, le valutazioni effettive gradualmente eliminate, sostituite dal principio dell’avanzamento per anzianità salvo demerito, escludendo al contempo espressamente la possibilità di esaminare i lavori giudiziari del magistrato, perché questo avrebbe potuto condizionarlo, mettendone in discussione l’autonomia e l’indipendenza. Il CSM ha provveduto a promuovere retroattivamente tutti i magistrati che non avevano superato le precedenti selezioni e fin dal 1968 anche tutti i magistrati che non esercitavano funzioni giudiziarie da molti anni, arrivando perfino a gratificare della promozione magistrati che ricoprivano l’incarico di Parlamentare da oltre venticinque anni, trai quali Oscar Luigi Scalfaro, malgrado l’art. 98 della Costituzione preveda espressamente che i pubblici dipendenti, se sono membri del Parlamento, non possano conseguire promozioni, se non per anzianità.

Giovanni Falcone in un pubblico convegno, i cui atti sono pubblicati in “Interventi e proposte (1982 – 92)”, ebbe modo di osservare: “Occorre rendersi conto, infatti, che l’indipendenza e l’autonomia della magistratura rischia di essere gravemente compromessa se l’azione dei giudici non è assicurata da una robusta e responsabile professionalità al servizio del cittadino. Ora certi automatismi di carriera… sono causa non secondaria della grave situazione in cui versa attualmente la magistratura. La inefficienza dei controlli sulla professionalità, cui dovrebbero provvedere il CSM ed i consigli giudiziari, ha prodotto un livellamento dei magistrati verso il basso”.

Il caso Emiliano come simbolo della crisi

Una riforma del 2007 ha tentato di ripristinare un qualche tipo di controllo, introducendo sette valutazioni quadriennali di professionalità basate su capacità, laboriosità, diligenza e impegno. Ma i numeri dicono tutto: più del 99% delle valutazioni è positivo. Lo era prima, lo è rimasto dopo. Il sistema ha dunque ripristinato la forma della valutazione, ma non la sostanza. Tutti eccellenti, tutti uguali. Ed è in questo contesto che Michele Emiliano che rientra dopo vent’anni di politica, chiedendo di essere collocato al livello più alto di professionalità e di stipendio non è un incidente: è la disarmante rappresentazione di un sistema che ha smesso da tempo di chiedere conto della professionalità e prima ancora ha smarrito ogni trasparenza ed ogni logica.

La riforma costituzionale, col sorteggio dei componenti togati del CSM sottrarrà alle correnti il potere di incidere impropriamente sulla vita dei magistrati ed allora, eliminato il palese conflitto di interesse tra valutatori (eletti) e valutati (elettori), si potrà finalmente, nell’interesse dei cittadini, ricondurre il sistema a trasparenza, merito, ragionevolezza, responsabilità e qualità.

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