Editoriale

Siamo rimasti al green

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


 

Siamo rimasti al green. Scusate, al verde. L’Unione europea ha trionfalmente annunciato il via libera al Regolamento natura, su cui l’Unione stanzia per ora 100 miliardi di euro. Ecco che mentre il mondo è in guerra, i prezzi volano, i salari scendono in potere d’acquisto si affaccia una accelerazione green che promette mirabolanti guadagni. Su cui nessuno ha dubbi.

Quello che non si tiene mai in considerazione è a chi andranno questi guadagni e quanto peserà invece l’ordinario della nostra rivoluzione ecologica immobilizzata per decenni e improvvisamente ripartita a velocità di curvatura, dopo che il caos mondiale ha messo a rischio la continuità del fossile. Tutti noi desideriamo un mondo pulito, un pianeta protetto e un ambiente preservato. Così come tutti noi desideriamo avere l’energia a un prezzo giusto senza distruggere le nostre riserve e senza inquinare.

Il problema è che anche il percorso fa parte del traguardo. E il traguardo è ammirevole, mentre la strada per raggiungerlo è in salita e la pendenza è già molto ripida. Perché la rivoluzione verde passa dalle tasche di milioni di famiglie, in un momento in cui la situazione in Europa è fra le peggiori degli ultimi decenni.

Questa è la ragione per cui di fronte a una transizione che ha un costo enorme, e questo lo sanno tutti, il livello del dibattito non discute di questo, che è la cosa più importante per milioni di famiglie normali, ma inscena uno squallido dibattito post ideologico, basato su una destra accusata di frenare il cambiamento, una sinistra che festeggia per chissà quale vittoria (festeggia pure per le armi che inviamo in Ucraina, come se difendere un Paese aggredito generasse anche sentimenti di felicità e non solo di dovuto rammarico per la pace che nessuno sa da che parte far cominciare), un provvedimento emendato in molti punti centrali senza che nessuno discuta nel merito, una maggioranza Ursula che, aggiungo fortunatamente, esiste ogni giorno di meno.

Se questo è il parlamento a cui abbiamo affidato il futuro delle prossime generazioni e quello del pianeta Terra, ben vengano le elezioni europee del giugno 2024, perché davvero la misura è colma.

Almeno di fronte alle rivoluzioni che peseranno sulla vita di tutti noi, che cambieranno il quadro economico e produttivo del continente, ci si aspetta una classe dirigente capace di dire tutta la verità e non dei twittatori forsennati che si intestano vittorie politiche e ideologiche alla faccia di chi davvero dovrà con la propria fatica e con i propri soldi renderle realtà. Ma d’altra parte viviamo in un’Europa dove un paese come il nostro si canna su tutto.

E poi fa passare in cavalleria questioncine come l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, cioè l’ingresso di una dittatura pseudo democratica al tavolo delle grandi (lo dicono loro) democrazie occidentali basate (lo dicono sempre loro) sui valori dell’uguaglianza e del diritto. Fanno ridere. Dico senza paura che se Erdogan siede nell’Unione europea non capisco come Daniela Santanché non possa stare serenamente seduta al governo. Perché la democrazia ha una caratteristica sola: deve valere sempre, non solo quando fa comodo.


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