Trump gioca con le bombe, Maduro con la paura, Roma con le parole
Mentre gli Stati Uniti preparano un possibile attacco e Maduro cerca alleati tra Russia, Cina e Iran, Alberto Trentini, cooperante italiano, marcisce in carcere.
Mentre il mondo non ha ancora metabolizzato le guerre in Ucraina e Gaza, Donald Trump sembra pronto a spostare il baricentro del conflitto verso sud. Il Venezuela, dilaniato da anni di crisi, fame e repressione, rischia di diventare il nuovo bersaglio della politica estera americana. Ufficialmente si parla di narcotraffico, ma il vero obiettivo è chiaro: Nicolás Maduro, il leader boliviano che da anni sfida Washington e si rifugia in alleanze tossiche con regimi autoritari. Nel frattempo, un cittadino italiano, Alberto Trentini, è detenuto da oltre un anno in un carcere venezuelano. Un ostaggio silenzioso, dimenticato da tutti, strumentalizzato in un gioco geopolitico che non guarda in faccia nessuno.
Diplomazia a intermittenza: l’Italia che non osa
Il copione è già scritto: portaerei americane nel Mar dei Caraibi, bombardieri in volo, la CIA che opera nell’ombra. Trump nega, ma intanto il Pentagono prepara. Maduro minaccia, ma intanto scrive lettere a Putin, Xi Jinping e Teheran. E l’Italia? Intrappolata tra i suoi miliardi di crediti verso Caracas e la sorte di un connazionale, si muove con la grazia di un elefante in una cristalleria. Non riconosce Maduro, ma spera che proprio lui liberi Trentini. Una diplomazia schizofrenica, che non ha il coraggio di scegliere. Nel frattempo, Trentini resta in cella, senza accuse chiare, senza processo, senza voce.
Il prezzo dell’indifferenza: civili e pedine
Il Venezuela è diventato una scacchiera globale. Russia, Cina e Iran osservano, pronte a muovere le proprie pedine. Se gli Stati Uniti decidessero di colpire, non sarà per giustizia o democrazia, ma per una nuova partita di potere. Trump gioca con la tensione, Maduro con la disperazione, e il mondo, come sempre, guarda e tace. A pagare saranno, come sempre, i civili. E forse anche un italiano dimenticato da tutti. Alberto Trentini non è solo un nome: è il simbolo di quanto poco conti una vita quando i governi si voltano dall’altra parte. E noi, che dovremmo difenderlo, ci limitiamo a sperare. Ma la speranza, senza coraggio, è solo un modo elegante per lavarsene le mani.
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