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Un anno fa la tragedia del Mottarone. La famiglia materna del piccolo Eitan non si arrende: “Deve crescere in Israele”

L’unico sopravvissuto è tornato a scuola e ha ripreso a giocare con i suoi amici a Pavia. Ma prosegue la battaglia legale per l’affidamento tra gli zii paterni e i nonni materni

di Davide Romano -


Il destino ha voluto che fosse l’unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone accaduta esattamente un anno fa. Il piccolo Eitan negli ultimi mesi è tornato a scuola a giocare con compagni e amici, accudito con amore dagli zii paterni Aya Biran e Or Nirko nella casa di Travasò Siccomario, piccolo comune in provincia di Pavia. Il bambino, rimasto orfano di entrambi i genitori dopo l’incidente di un anno fa, è finito al centro di una disputa legale tra le due famiglie, quella “italiana” e quella israeliana dei nonni materni Shmuel ed Esther Peleg. L’11 settembre 2021 il nonno aveva rapito il piccolo Eitan insieme ad un complice con l’obiettivo di portarlo in Israele, ma il tentativo fallì. Nonostante il mandato di cattura internazionale emesso dalla magistratura di Pavia nei confronti di Shmuel Peleg, ai nonni materni è permesso sentire Eitan al telefono due volte alla settimana.

“Eitan è con noi nei nostri cuori e nei nostri pensieri. Continueremo a lottare per lui perché cresca in Israele, la sua casa naturale, casa della sua famiglia, luogo di sepoltura dei suoi genitori e del fratellino”, sono le parole dei nonni materne, affidate a Gadi Salomon, portavoce della famiglia. “Anche se siamo stati condannati ad essere distanti da Eitan e a limiti di tempo per parlargli” continua la nota dei nonni, “non abbiamo mai rinunciato e non rinunceremo mai al diritto di far parte della sua vita e alla possibilità che lui torni in Israele”. Intanto oggi all’inaugurazione del cippo dedicato alle quattordici vittime della tragedia della funivia del Mottarone era presente anche Aya Biran, zia paterna tutrice del piccolo Eitan.

Dolore ma anche rabbia tra i parenti delle vittime: “E’ passato un anno, ma nessuno si è fatto sentire. Ci hanno tutti abbandonato, non ci hanno fatto neanche le condoglianze. E’ peggio del ponte Morandi. Vogliamo conoscere la verità e che giustizia sia fatta in fretta” è lo sfogo della signora Teresa, madre di Elisabetta Personini e nonna del piccolo Mattia, due delle quattordici vittime della cabina numero tre della funivia. “Fare giustizia è doveroso” è stato il commento di Marcella Severino, sindaco di Stresa, visibilmente commossa durante la cerimonia. Al rito civile si è accompagnato quello religioso, con l’omelia di don Gianluca Villa, parroco di Stresa, in cui ha auspicato che “la memoria di quello che è accaduto diventi genialità responsabile per l’oggi e per il domani del Mottarone”.


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