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Esteri

Un lungo giorno nero. Blackout in Ucraina e lo spettro nucleare

Mosca ha escluso nuove telefonate tra Trump e Putin

di Ernesto Ferrante -


Le bombe e i missili in Ucraina, per qualche ora, hanno fatto da cupo sottofondo ad una prospettiva ancora più terrificante: quella della guerra atomica. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato alle sue forze armate di riprendere immediatamente i test sulle armi nucleari dopo 33 anni. L’inatteso annuncio è arrivato su Truth social mentre il tycoon volava sul suo elicottero Marine One diretto a Busan, in Corea del Sud, per incontrare il presidente cinese Xi Jinping.

“A causa dei programmi di test di altri paesi, ho dato istruzioni al Dipartimento della Guerra di avviare i test sulle nostre armi nucleari su base paritaria. Il processo avrà inizio immediatamente”, ha scritto Trump, aggiungendo che “la Russia è seconda e la Cina è terza con un distacco notevole, ma entro cinque anni raggiungerà gli Stati Uniti”. Una classifica che riporta indietro orologi e calendari, prefigurando un confronto da “Guerra Fredda”.

La reazione della Russia

Il Cremlino ha reagito con apparente prudenza: “Il presidente Trump ha menzionato nella sua dichiarazione che altri paesi sono impegnati in test nucleari. Fino ad ora non sapevamo che qualcuno stesse effettuando dei test”, ha detto ai giornalisti il portavoce Dmitry Peskov. Mosca non ha ricevuto alcuna notifica preventiva da Washington in merito al cambiamento. Peskov ha negato che l’uscita trumpiana possa innescare una rinnovata corsa agli armamenti nucleari. “Spero che, per quanto riguarda i test del Burevestnik e del Poseidon, le informazioni siano state trasmesse correttamente al presidente Trump. Nel senso che questo non può in alcun modo essere interpretato come test nucleari”, ha aggiunto il portavoce. Dalla presidenza russa hanno escluso nuove telefonate tra Trump e Putin “nel prossimo futuro”.

Missili e droni sull’Ucraina. Blackout in molte zone

Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha firmato le leggi adottate dal Parlamento sull’ulteriore estensione della legge marziale e della mobilitazione, fino al 3 febbraio 2026. La Russia ha affermato di avere condotto la scorsa notte un “massiccio attacco” in Ucraina con l’uso di missili e droni “contro imprese del complesso militare-industriale ucraino, obiettivi dell’infrastruttura energetica che ne garantisce il funzionamento e aeroporti militari”. I raid sono stati compiuti “in risposta agli attacchi terroristici dell’Ucraina contro obiettivi civili nel territorio della Russia”.

Le truppe russe, secondo Yuri Ignat, capo del dipartimento delle comunicazioni del Comando dell’aeronautica militare ucraina, hanno utilizzato praticamente l’intera gamma di armi: droni e missili di vario tipo, come gli Iskander-M o KN-23 e i Kh-47M2 Kinzhal. “La contraerea purtroppo non riesce a intercettare missili balistici dove non sono presenti sistemi adeguati”, ha spiegato Ignat.

La potenza della pioggia di fuoco che ha provocato diversi blackout in tutto il Paese, è stata descritta dal presidente Volodymyr Zelensky su X: “Si è trattato di un attacco complesso e combinato: il nemico ha utilizzato più di 650 droni e oltre 50 missili di vario tipo, inclusi quelli balistici e aerobalistici. Molti sono stati abbattuti, ma purtroppo ci sono stati anche colpi andati a segno”.

Il corridoio di Putin per i giornalisti

Vladimir Putin ha incaricato il ministero della Difesa di garantire l’accesso ai giornalisti stranieri alle zone in cui le forze ucraine sono state accerchiate. “Il comando russo, si legge in una nota, è pronto a cessare le ostilità in queste zone per 5-6 ore, se necessario, e a garantire corridoi di ingresso e uscita senza ostacoli per gruppi di rappresentanti dei media stranieri, compresi quelli ucraini, a condizione che siano garantite la sicurezza dei giornalisti e del personale militare russo”.

La mossa di Budapest per fronteggiare la carenza di carburante

Il governo ungherese ha redatto una bozza di legge per modificare la normativa sullo stoccaggio di greggio e prodotti petroliferi importati, al fine di consentire la designazione di stazioni di rifornimento di riserva per fornire carburante agli utenti critici in caso di emergenza di approvvigionamento.

La mossa si è resa necessaria dopo il recente incendio nella principale raffineria sul Danubio del gruppo petrolifero ungherese MOL, che ha costretto quest’ultimo a operare a capacità ridotta. Preoccupa inoltre l’entrata in vigore prevista per il mese prossimo delle sanzioni statunitensi contro i giganti petroliferi russi Lukoil e Rosneft. In una situazione di emergenza “il governo può ordinare con decreto l’uso delle stazioni di rifornimento di riserva, stabilendo l’ordine di priorità nella fornitura di carburante”. La normativa sarà vigente da gennaio 2026.


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