Venezia: basta borseggiatrici
Non se ne può più. Non è un modo di dire: la gente è stufa marcia. Ogni giorno a Venezia, sui mezzi pubblici, per le calli, persino davanti alle chiese, le borseggiatrici agiscono indisturbate. E il punto non è tanto che rubino – che già di per sé sarebbe gravissimo – ma che la legge c’è e non viene applicata. I giudici chiudono un occhio, anzi due, e intanto il portafoglio sparisce. C’è una signora, Monica, veneziana vera, madre di famiglia, donna di principi solidi, che con un semplice telefonino è diventata più efficace della polizia, della prefettura e della magistratura messi insieme. Monica filma, denuncia, documenta. Una cittadina normale che dimostra come la democrazia possa ancora vivere, se sorretta dal buon senso e dal coraggio. Una signora veneta che profuma di valori “di una volta” – quelli che dovrebbero essere eterni. Brava Monica! A Venezia, se ti candidassi a sindaco, probabilmente vinceresti a mani basse. Perché rappresenti la parte sana di un Paese che invece viene derubato due volte: prima dalle borseggiatrici, poi da una giustizia che non punisce. Il risultato? Uno spettacolo grottesco: borseggiatrici fermate dieci volte in una settimana e rilasciate dieci volte in un’ora. Roba da ridere, se non ci fosse da piangere. È come se a scuola il bullo potesse picchiare i compagni davanti al professore, ricevere un buffetto e tornare subito a menare. Anzi peggio, perché almeno a scuola qualche sospensione la danno, in tribunale invece ti offrono quasi il caffè e un “arrivederci a domani”. E allora ecco che la gente comincia a muoversi da sola. I cittadini filmano, denunciano, segnalano. Qualcuno si organizza. Ma attenzione: così non va bene. Non possiamo vivere in un Paese dove la giustizia è un optional, dove le istituzioni, invece di proteggere, sembrano incoraggiare chi delinque. Perché diciamolo chiaro: oggi rubare a Venezia è il miglior lavoro a tempo indeterminato che si possa immaginare. Zero rischi, guadagni quotidiani, nessun giudice che ti disturbi. Altro che concorso pubblico: basta una mano veloce e un biglietto del vaporetto. Se lo Stato non cambia rotta, se i giudici continueranno a fare i filosofi da salotto anziché applicare le leggi, allora il consenso popolare verso l’istituzione giudiziaria sparirà. E quando la gente non crede più nella giustizia, inizia a farsela da sola. Ed è lì che cominciano i guai veri. Perciò, grazie Monica, continua a ricordarci che il re è nudo. Ma attenzione, cari giudici: non pensate che i cittadini continueranno a sorridere amaramente per sempre. Perché di amaro, ormai, non sono rimasti che i portafogli vuoti e la pazienza finita.
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