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Unanimità Ue, il muro di Meloni e Orbán che paralizza l’Europa

Meloni e Orbán difendono il veto nell’Ue, ma l’unanimità blocca le decisioni europee. Il dibattito sulla riforma divide: efficacia contro consenso e rischio disgregazione.

di Anna Tortora -


L’unanimità che paralizza l’Europa

Ci sono molte ragioni che danno torto a Giorgia Meloni e Viktor Orbán nella loro difesa del diritto di veto all’interno dell’Unione Europea. La prima è evidente: da tre anni il primo ministro ungherese ostacola o blocca sistematicamente le decisioni dell’Unione a sostegno dell’Ucraina. Non è più una semplice divergenza politica, ma un freno costante alla capacità dell’Europa di agire in modo unitario di fronte a una guerra che ne mette in gioco i valori fondativi.
La verità è che l’Europa non può più permettersi di restare prigioniera dell’unanimità. Ogni volta che serve una decisione comune sulle sanzioni, sugli aiuti militari, sulle politiche migratorie o economiche, basta un solo “no” per paralizzare tutto. È una regola nata in un’altra epoca, quando l’Unione era più piccola e omogenea. Oggi, con ventisette Stati membri dalle identità e dagli interessi spesso divergenti, l’unanimità rischia di trasformarsi in una minoranza di blocco permanente, capace di immobilizzare l’intero edificio comunitario.

“Attenti all’abolizione del veto, può portare alla disgregazione”

Come ricorda Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia, il dibattito sull’abolizione dell’unanimità non può essere ridotto a una contrapposizione semplicistica tra “progressisti europeisti” e “sovranisti retrogradi”. Vecchioni invita alla cautela, e la sua riflessione merita di essere riportata per intero:

“Il dibattito sull’abolizione dell’unanimità nelle decisioni dell’UE mi pare leggermente ipocrita. Chi sostiene l’abolizione del diritto di veto non lo fa solo perché pensa che così l’Europa potrebbe fare passi da gigante verso forme di federalismo, ma anche perché è convinto che sarà sempre dalla parte ‘buona’, cioè dalla parte della maggioranza che lotta contro i pochi ‘cattivi’ che bloccano col loro veto le decisioni comunitarie.

Ma vi siete chiesti per un momento cosa accadrebbe se dalla parte sbagliata si trovassero Paesi come la Francia o la Germania? Voi veramente credete che Parigi e Berlino accetterebbero di essere vincolate a importanti decisioni politiche e militari prese a maggioranza? Io non ci credo molto.

Un altro pericolo dell’abolizione dell’unanimità potrebbe essere quello della disgregazione. Uno Stato, insomma, obbligato a seguire una strada che non può condividere, magari per ragioni gravi di politica interna, potrebbe essere tentato di risolvere il problema uscendo dall’UE. Quindi piano con l’abolizione della regola dell’unanimità nell’UE.”

Le parole dell’ex ambasciatore colgono un punto cruciale: la questione non è solo istituzionale, ma profondamente politica. L’Unione deve trovare un equilibrio tra l’efficacia delle decisioni comuni e la legittimità democratica dei singoli Stati.

Tra efficacia e consenso: la vera sfida dell’Unione

Da un lato, è innegabile che il veto, soprattutto se usato in modo strumentale come nel caso di Orbán, indebolisca l’Unione Europea e ne comprometta la credibilità internazionale. Dall’altro, è altrettanto vero che un’abolizione totale dell’unanimità, imposta dall’alto, rischierebbe di generare nuove fratture, spingendo qualche Paese verso la tentazione di uscire dall’Unione.

La sfida, dunque, non è scegliere tra unanimità o maggioranza, ma ripensare il modo in cui l’Europa decide: introdurre meccanismi flessibili, procedure di “astensione costruttiva” e forme di cooperazione rafforzata che permettano all’Unione di agire senza tradire il principio del consenso.

Solo così l’Europa potrà evitare di restare schiacciata ,non solo dai propri veti interni, ma anche dal peso delle sfide globali che richiedono un’Unione capace di decidere e di contare davvero.

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