Politica

Zaia e Fedriga per il via libera alla rielezione si scontrano con l’asse Fdi-Pd

di Eleonora Ciaffoloni -


La pressione di Zaia e Fedriga per il via libera alla rielezione si scontrano con l’asse Fdi-Pd
E la segretaria Schlein ammicca al governo per frenare la corsa di Emiliano e De Luca

Un asse Meloni-Schlein con l’obiettivo di non modificare il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali nella parte in cui non prevede il terzo mandato per i presidenti di Regione. Da giorni è un tam tam giornalistico, alimentato da esponenti di partito dei due schieramenti, perché metterebbe d’accordo le due donne più potenti d’Italia – Meloni alla guida del governo. Schlein leader più forte dell’opposizione numeri alla mano -, che così potrebbero togliersi d’intorno in un solo colpo nel 2025 i governatori Luca Zaia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Se così fosse il leghista dal vasto consenso personale non solo in Veneto e forte di un rapporto altalenante con Matteo Salvini, rimarrebbe alla finestra per alcuni anni visto che le politiche salvo sconquassi saranno nel ’28 e le urne delle europee saranno convocate la prossima primavera; gli altri due, De Luca ed Emiliano, sono esponenti di quella parte di Pd che con la segretaria non va d’accordo e che avrebbe preferito l’elezione di Stefano Bonaccini a capo dei piddini.

Il nodo

Ecco che la tensione è ad esempio alimentata in Veneto dall’abile Flavio Tosi, che nel Veronese gode di un buon consenso personale come ex amato sindaco della città di Giulietta e Romeo, e che oggi da segretario regionale di Forza Italia sta cannoneggiando contro gli ex compagni di partito per denunciare che la tanto decantata sanità veneta sta scivolando nelle classifiche nazionali e che le liste d’attesa sono sempre più insopportabili dai cittadini costretti a rivolgersi al privato convenzionato. In molti, dunque, stanno lavorando per il mantenimento del terzo mandato che potrebbe prevedere una deroga per i sindaci dei municipi sotto i 15 mila abitanti, mentre attualmente solo i primi cittadini dei piccoli comuni possono essere eletti per tre volte di seguito. Proprio Luca Zaia e Vincenzo De Luca, ma anche Massimiliano Fedriga, hanno sollecitato l’eliminazione del vincolo legislativo del terzo mandato, ma fin qui la reazione della presidente del Consiglio è stata tiepida. Formalmente non ha mai pronunciato un no secco, ma i governatori “eterni”, come sono stati ribattezzati, non piacciono perché incardinerebbero un potere personale per troppi anni e non garantirebbero quell’alternanza che è ilo sale della democrazia. E che evita pericolose incrostazioni di potere.

Duello a Nord Est per Zaia e Fedriga

Tra l’altro il voto delle europee sarà di rilievo anche per i riflessi nazionali perché stabilirà lo stato di salute di FdI che nel settembre di un anno fa ha sbancato al Nord, soprattutto a Nord-Est, più che doppiando il Carroccio con il leader Salvini che è stato contestato in Veneto da una base che non condivideva la sua leadership. Il peggio sembra alle spalle per il vicepremier, ma non c’è dubbio che se la Lega non potesse ripresentare agli elettori il suo cavallo di razza, il partito di maggioranza relativa potrebbe rivendicare la nomina del candidato. E il senatore Luca De Carlo, segretario veneto di FdI, qualche idea ce l’avrebbe in merito, considerando che al di là delle parole di stile pronunciate anche di recente a L’identità (“La sfida verso le Europee parte dall’esempio del Veneto: coalizione unita contro la sinistra”), per una ragione di alternanza FdI sarebbe pronto a investire su un proprio candidato. Del resto, in democrazia contano i voti e se la Lega alle prossime europee dovesse riscuotere la metà del consenso di FdI nel feudo della Serenissima, nel 2025, senza la possibilità ricandidare Zaia, sarebbe quasi inevitabile che il partito della premier rivendicherebbe il candidato perché a volerlo sarebbero i veneti. Perché sarebbero loro a certificare la crisi del leghismo che ha perso pezzi per strada a favore di quell’alleato forte nel centrodestra che ha cambiato le carte in tavola. Dall’altra parte della Penisola, in particolare in Campania, la disinvoltura del comportamento di De Luca – anch’egli forte di un consenso blindato – nei confronti della sua segretaria alimenta quell’inevitabile fuoco amico di cui la politica è maestra quando si tratta di trovare alleanze trasversali per raggiungere obiettivi che non sono mai dichiarati pubblicamente. Ma che rappresentano il nettare della lotta per il potere. Si spiega perché l’unico via libera della premier alla modifica di un pezzo di Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali riguarderebbe la possibilità di ricandidarsi per i sindaci dei Comuni inferiori ai 15 mila abitanti. Se così fosse l’asse Meloni-Schlein metterebbe fuori gioco tre pezzi da novanta della politica regionalista. Nell’anno in cui potrebbe passare l’autonomia. Uno smacco per il leghismo zaiano. Se “tertium non mandatur”.


Torna alle notizie in home