Economia

Zuckerberg lancia Threads, l’anti Twitter. La sfida a Musk è nell’arena digitale

di Giovanni Vasso -

MARK ZUCKERBERG


In attesa che il Mic “sblocchi” il Colosseo, il combattimento del secolo si sposta sull’arena che conta davvero, quella digitale. Elon Musk sta rivoluzionando Twitter “chiudendolo” per riscrivere le regole dei social, a cominciare da quelle legate alla sostenibilità aziendale; Mark Zuckerberg sogna di mettere l’arcirivale knock out riprendendo, dalla soffitta, un vecchio progetto che Meta voleva usare per fare concorrenza a Snapchat e che oggi, debitamente acconciato alla bisogna, potrebbe rappresentare la chiave per “svuotare” Twitter.

Si chiama Threads e sarà l’app, collegata a Instagram e che sarà disponibile da domani, che ambisce a far vedere le stelle all’Uccellino blu. “Basata sulla conversazione testuale – affermano da Meta -, qui le comunità si riuniscono per discutere di tutto, dagli argomenti che interessano oggi a quelli che saranno di tendenza domani”. L’interfaccia sarà simile a quella di Twitter e agli utenti sarà concessa la possibilità di mettere like, condividere e limitare il pubblico di chi può rispondere ai propri post. Meta punta al bersaglio grosso. Musk, nel fine settimana, ha operato un’ulteriore stretta per cercare di spremere denaro dagli utenti. Quelli senza la spunta blu, infatti, avrebbero potuto vedere solo 600 twitt al giorno, per i nuovi account il limite sarebbe stato di 300. Acquistare la spunta blu non avrebbe eliminato il limite ma lo avrebbe solo innalzato a 6mila post quotidiani leggibili. Travolto dalle polemiche, il tycoon ha alzato a mille tweet al giorno per i non verificati, 500 per i nuovi account e 10mila per le spunte blu. Musk, che nei giorni scorsi aveva pubblicato meme “contro” coloro che leggono i twitt senza scrivere mai sul social, ha parlato di una necessità dettata dalla volontà di lottare contro il data scraping estremo.

Sarà, ma la polemica s’è rinfocolata e tanti utenti hanno giurato di essere pronti a lasciare Twitter. Un po’ come fanno da mesi, ventilando l’ipotesi di andarsene in massa. Ora su Mastodon, ora chissà dove. È fin troppo chiaro che quella è una polemica soprattutto politica. Ai tempi di Jack Dorsay, il fondatore di Twitter che oggi si è dato alla meditazione, la piattaforma dell’Uccellino blu era appannaggio delle frange democratiche e woke. È stato il primo social, per esempio, a negare il diritto di tribuna a un presidente degli Stati Uniti, per di più in carica all’epoca, anche se divisivo come Donald Trump. Nel frattempo, i gruppi di pressione dem erano riusciti anche a imporre a Facebook strumenti di controllo più stringenti sui contenuti pubblicati. E anche Meta bannò Trump. Facendone ciò che non è mai stato, ossia un “martire” della libertà di espressione. Elon Musk, fiutata l’aria e percepito il senso di frustrazione s’è schierato dall’altra parte. E così s’è innescata la rivalità tra i due tycoon.

Adesso Zuckerberg, reduce dal glorioso fallimento del metaverso e alle prese con la crisi inarrestabile di Facebook, ormai abbandonato dai giovani che non hanno la minima voglia di farsi manipolare da un algoritmo che mette l’utente di fronte alle cose che non gli piacciono per lucrarne le reazioni, punta a riprendere terreno a spese di Twitter e di Musk.

In attesa che il Mic sblocchi il Colosseo, mettendo fine al clickbait dei siti da “pro loco” che di quando in quando danno la grande sfida in programma in chissà quale grotta fantastica di chissà quale sperduto paesino dell’entroterra appenninico, il vero combattimento è tutto qui. Elon Musk contro Mark Zuckerberg, Twitter contro Meta, “freedom of speech” contro la supervisione dei fact checker. Lo scontro è questo. E, sullo sfondo, sta già iniziando la campagna elettorale per la Casa Bianca.


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