Bandiera bianca al teatro antico di Siracusa: un appello alla coscienza collettiva
La scena finale al Teatro Greco di Siracusa, con la bandiera bianca issata al centro del palco dagli attori, non è solo un gesto teatrale. È un grido muto, un appello alla coscienza collettiva. In questi stessi giorni, migliaia di lenzuola bianche sono apparse alle finestre di case italiane, come segno di lutto e protesta per l’orrendo omicidio di due giovani israeliani negli Stati Uniti, colpevoli solo di essere ebrei. Un gesto civile che tuttavia stride con il silenzio, quasi assordante, che ha avvolto questo crimine. Le parole di cordoglio, di condanna, di vicinanza, sono state poche. Troppo poche. E questo dovrebbe farci riflettere tutti, a partire dai nostri fratelli maggiori, gli ebrei della diaspora e d’Israele.
Non si tratta solo di un ritorno dell’antisemitismo — perché a ben vedere, non se n’è mai andato — ma di qualcosa di ancora più grave. È il segno che gli infami terroristi di Hamas stanno vincendo sul terreno più subdolo: quello della cultura e della percezione.
Il massacro del 7 ottobre è stato un atto barbarico, inumano. Ma la risposta israeliana, sproporzionata e senza visione, ha alimentato una spirale di odio, scavando un solco profondo tra le vittime e la possibilità di empatia per esse. In questa voragine si è insediata la retorica antisemita, travestita da critica a Israele, pronta a giustificare ogni orrore in nome della reazione, della vendetta, della “liberazione”.
Il vero colpevole di questa disfatta morale ha un nome e cognome: Benjamin Netanyahu. La sua leadership ha trasformato il dolore in cinismo, la sicurezza in violenza sistemica, la memoria in propaganda. Ha isolato Israele, ha delegittimato la causa ebraica, ha tradito l’eredità dei sopravvissuti. Se Israele non saprà liberarsi da questo male politico e morale, sarà Hamas ad aver vinto, non con le armi, ma con l’arma più potente: la distruzione del significato stesso di civiltà e giustizia.
I morti del 7 ottobre non saranno solo vittime del terrorismo, ma martiri di un’illusione spezzata. Saranno morti invano per Israele, ma non per la Palestina, che potrà dire di aver inferto al nemico la più amara delle sconfitte: quella del cuore e della ragione.
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