Giornata dell’Ambiente, ogni anno di più solo una vetrina di buone intenzioni
Giornata dell’Ambiente, ogni anno di più solo una vetrina di buone intenzioni.
L’occasione – fa sapere il ministro Gilberto Pichetto Fratin – per rinnovare l’impegno alla “difesa della casa comune”, con il tema di quest’anno, la lotta all’inquinamento da plastica, che richiama a “scelte concrete, ogni giorno”. La Giornata dell’Ambiente, però, pur rimanendo il principale veicolo globale per promuovere consapevolezza e azioni, rischia sempre più di essere messa in discussione nel suo valore effettivo. Perché, se da un lato fornisce visibilità e stimolo al dibattito pubblico, dall’altro appare divenuta un appuntamento rituale, svuotato di efficacia se si riflette, guardandosi semplicemente intorno, a quanto manchino ovunque, in Italia e all’estero, politiche incisive e continuità nell’azione. Una vetrina di buone intenzioni, mentre le sfide strutturali e i ritardi nell’attuazione delle misure restano irrisolti.
L’Unione Europea si trova in una fase di stallo e ripensamento delle proprie politiche ambientali. Nonostante l’ambizioso Green Deal e gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per il 2030, la realtà dei fatti mostra un ritardo generalizzato: molti Stati membri non hanno ancora presentato i Piani nazionali energia e clima, le più recenti proiezioni indicano che gli impegni assunti non servono per arrivare ai target fissati. La Commissione Ue stessa ha riconosciuto necessario “intensificare significativamente gli sforzi di attuazione” e dare impulso alle politiche per la decarbonizzazione, in particolare nei settori di edilizia, trasporti, agricoltura e gestione dei pozzi di carbonio.
Resistenze sociali e politiche, basti pensare a quanto e come le proteste degli agricoltori nel 2024 contro le nuove regole ambientali, percepite come troppo onerose, abbiano spinto la Commissione a rallentare su alcune misure. Costi economici e competitività, le normative ambientali, come i criteri Esg, sono tuttora viste da molte imprese come un aggravio burocratico e un ostacolo alla competitività internazionale, con benefici percepiti come incerti o insufficienti. Disomogeneità tra Stati membri, perché non tutti i Paesi avanzano allo stesso ritmo, e la mancanza di piani nazionali aggiornati ostacola la coerenza e l’efficacia della strategia europea. Un quadro che ha più ombre che luci, c’è poco da celebrare.
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