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Il 5% del Pil per la difesa, Orban: Irrealistico senza cambio regole

Continua il confronto sulla spesa militare: il premier ungherese chiede con nettezza un cambio delle regoli fiscali comuni

di Giorgio Brescia -


Raggiungere il 5% del Pil per le spese per la difesa? Il premier ungherese Viktor Orban, arrivando al vertice Nato dell’Aja, dice: “Non è facile ma il calcolo deve cambiare. Se teniamo le regole così, nessuno nella Ue può raggiungere il 5% del Pil” per le spese militari.

Il perché delle parole di Orban sul 5% del Pil

il premier ungherese si riferisce al nuovo obiettivo discusso nell’Alleanza Atlantica di portare la spesa militare dei Paesi membri al 5% del Pil, una soglia molto più alta rispetto al 2% fissato come target nel 2014. Orbán afferma che “raggiungere il 5% del PIL non è facile ma il calcolo deve cambiare”, sottolineando che, se si mantengono le attuali regole europee di bilancio, nessun Paese dell’Ue potrà realisticamente arrivare a quella quota di spesa militare.

Cosa intende Orban con “il calcolo deve cambiare” riguardo al Pil?

Orbán denuncia l’irrealismo del target e fa riferimento alle regole fiscali europee, come il Patto di Stabilità e Crescita, che pongono limiti stringenti a deficit e debito pubblico. Attualmente, anche con le recenti deroghe che consentono di spendere fino all’1,5% del Pil in difesa senza violare i limiti di bilancio, la soglia del 5% resta fuori portata per i bilanci pubblici europei. Orban sostiene che, senza una revisione di queste regole —ovvero senza un “cambio di calcolo” che consenta di escludere o trattare diversamente le spese militari dai vincoli di bilancio —nessun Paese dell’Ue potrà rispettare l’impegno del 5% del PIL in spese militari.

Il contesto europeo

L’Ue sta discutendo nuove forme di flessibilità, come l’emissione di debito comune o l’uso di fondi di coesione per finanziare la difesa, ma il quadro normativo resta molto rigido e soggetto a negoziati tra gli Stati membri. La maggior parte dei Paesi Ue, Italia compresa, è ben lontana dal 5%: ad esempio, nel 2022 l’Italia era all’1,68%, la Germania all’1,39%, la Francia all’1,94%. Solo Paesi fuori dall’Ue o in situazioni di guerra (come Ucraina o Arabia Saudita) superano o si avvicinano a queste cifre.


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