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Politica

Stefani sparito dai radar. Il Veneto verso FdI Zaia chiede chiarezza

di Ivano Tolettini -


A poche settimane dal deposito delle liste, il Veneto è ancora senza candidato del centrodestra. Ma ora il mistero assume contorni politici precisi. Alberto Stefani, finora in campo come candidato della Lega, ha cancellato l’appuntamento di mercoledì 8 ottobre al Palageox di Padova, non si è presentato sabato all’incontro con le Confindustrie di Verona e Vicenza a Gambellara, e ieri mattina non è stato avvistato nel Vicentino, dove era atteso per un incontro con alcuni sindaci. Tre assenze in quattro giorni che, lette insieme, valgono come un segnale: la corsa del deputato padovano potrebbe essersi fermata. Il diretto interessato ancora ieri pomeriggio negava, ma il voto della Calabria mette in apprensione i leghisti veneti.

Fonti di coalizione parlano apertamente di un “cambio di scenario”

Non c’è ancora l’annuncio ufficiale, ma da Roma filtra che la bilancia stia pendendo verso Fratelli d’Italia. “Il nome è quasi pronto, la decisione politica è stata presa da giorni”, spiega un parlamentare vicino al tavolo delle trattative.

Sul piatto restano due opzioni:

Luca De Carlo, senatore bellunese e coordinatore regionale di FdI, e Raffaele Speranzon, veneziano, già capogruppo in consiglio regionale. Entrambi rappresentano la linea Meloni: profilo politico, esperienza amministrativa, continuità di governo ma con un segno diverso rispetto all’era Zaia. Anche loro ieri sera erano convinti che il candidato sarà di FdI. Secondo un’altra fonte, l’accordo tra Meloni e Salvini sarebbe in realtà “datato” e costruito con largo anticipo, in parallelo ai dossier Campania e Puglia. L’obiettivo, spiegano, era mantenere il Veneto nel pacchetto negoziale più ampio e non scoprire le carte fino all’ultimo, per evitare che la macchina territoriale leghista che è capillare, organizzata e fedele a Zaia, potesse reagire in modo autonomo, magari coagularsi attorno a un nome alternativo. La tempistica, in effetti, coincide con i nuovi equilibri emersi dal voto in Calabria. Il risultato di ieri, con Forza Italia in gran spolvero con Roberto Occhiuto, FdI che è andata bene e la Lega che ha perso consenso, ha dato alla premier un’ulteriore leva politica. “I numeri parlano chiaro – ragiona un deputato meloniano -: il vento è cambiato. Ora è il momento di capitalizzare la leadership nazionale anche nelle regioni simboliche”. Adolfo Urso ha ribadito che “Fratelli d’Italia è il primo partito del Veneto e della coalizione”, mentre da Verona a Venezia i referenti locali del partito preparano la rete di comitati per la campagna che scatterà subito dopo l’annuncio.

Il Veneto non si baratta

Il centrodestra, dopo due mesi di tatticismi, si prepara a una chiusura politica pura. Zaia osserva con crescente irritazione. Il governatore, che nei giorni scorsi aveva invitato pubblicamente a “decidere”, teme che l’immagine del Veneto diventi terreno di baratto nazionale. Ha chiesto chiarezza per rispetto degli elettori e delle categorie economiche, ma la risposta tarda ad arrivare. La sua stessa presenza come capolista in tutte le province rischia di essere letta come una toppa simbolica più che come un traino organizzativo. Nella Lega veneta molti amministratori vivono il possibile sorpasso di FdI come un’umiliazione politica. Ma la linea Salvini sembra ormai rassegnata alla compensazione in Lombardia. Difficile pensare che la Lega qualora avesse il Veneto potrebbe reclamare anche Milano. Deve scegliere. E Forza Italia? Con Tosi che lavora alle liste e cerca spazio tra Vicenza e Verona, il partito di Tajani si prepara a giocare la parte del mediatore. Nelle ultime ore, fonti azzurre parlano di “fase decisiva” e di “dialogo serrato” per garantire un equilibrio di coalizione. Tosi, a modo suo, fiuta l’occasione: se la sfida veneta diventa un duello FdI-Lega, Forza Italia può presentarsi come il terzo incomodo moderato, pronto a pesare nella futura giunta. Il rischio, per tutti, è che la lunga attesa logori il messaggio unitario. Oggi appare chiaro che al netto delle apparenze, il ritardo è stato voluto e pianificato. Serviva a comprare tempo e a evitare fughe in avanti.

Ora, però, il tempo è finito

Se davvero il candidato sarà un nome di FdI, la partita non sarà solo locale: significherà che il ciclo ventennale della Lega di governo in Veneto è arrivato al capolinea. E che la premier, forte dei numeri e dell’inerzia nazionale, ha scelto di mettere il suo sigillo anche sulla regione simbolo del leghismo di governo. Resta un’ultima incognita: il colpo di scena. Il subbuglio di queste ore potrebbe non essere solo l’anticamera dell’annuncio, ma anche la spia di un’ulteriore trattativa. In Veneto nulla è mai definitivo finché Zaia non parla. E se decidesse di intervenire di nuovo, il copione romano potrebbe ancora cambiare. Il dado è davvero tratto?


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