CINEGOSSIP Venezia, sorridi: il cinema può attendere
È passato un mese dalla chiusura della 82ª Mostra del Cinema di Venezia, eppure il Lido continua a risuonare più per i tacchi che per i titoli.
Di La grazia di Paolo Sorrentino, film d’apertura, si parla appena; dei vestiti, invece, non si smette mai. Perché a Venezia, nel 2025, il cinema è stato solo la scusa per un red carpet diventato la più elegante seduta di autocoscienza collettiva del pianeta.
Red carpet: i look che hanno rubato la scena
Cate Blanchett ha fatto doppietta di applausi: prima in un Margiela piumato, poi nell’Armani Privé già indossato ai SAG del 2022, gesto che le stylist hanno venduto come atto politico, ma che su di lei è semplicemente parso di un’eleganza micidiale.
Emma Stone, protagonista di Bugonia, ha calcato il tappeto in Louis Vuitton con l’aria di chi sa perfettamente che il suo vestito farà più click del film. Greta Lee in Dior, impeccabile e algida, ha confermato che la sobrietà è la nuova provocazione. Kaia Gerber ha optato per un completo bianco già visto su Bella Hadid: citazione, autocitazione o mancanza di fantasia? In ogni caso, perfettamente coerente con un festival che non osa più sorprendere, ma solo rassicurare la vanità collettiva. E poi Julia Roberts, George e Amal Clooney, le presenze-icona di un jet set che non guarda i film ma adora farsi guardare mentre li ignora.
Venezia 2025: Premi, moda e oblio del cinema
Sul fronte dei premi, Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch ha conquistato il Leone d’Oro, ma se ne è parlato meno del tailleur scelto dalla Blanchett per la conferenza stampa. Il cinema, ormai, si consuma come un accessorio.
Il Lido è diventato il termometro del narcisismo globale: i flash più che illuminare, bruciano. Gli stilisti dettano la scaletta più dei registi, e il tappeto rosso ha vinto la Palma — pardon, il Leone — come miglior sceneggiatura non scritta.rsistente, riconoscibile, un po’ stantio.
La fine della meraviglia
Il cinema non interessa più, serve solo a giustificare l’evento. Tutto è diventato coreografia: sorrisi, pose, sguardi studiati, applausi a comando. Nessuno rischia, nessuno sbaglia, nessuno sorprende.
Un mese dopo restano le foto, i meme, gli outfit. Nulla che valga la pena rivedere, se non per ricordare quanto il vuoto possa essere fotogenico. Venezia 2025 è stata un grande specchio: e l’unica cosa riflessa, con crudele chiarezza, è la fine della meraviglia.
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