Il rigore del ministro fa sognare i mercati: "Non fare nuovo debito è un principio morale".
C’erano un tedesco, un francese e un italiano ma solo che adesso, a vederli, si farebbe tanta, troppa confusione, a distinguerli: Friedrich Merz, Emmanuel Macron e Giancarlo Giorgetti. Facile, in teoria. Difficile, difficilissimo nella pratica. Perché mentre la Germania si prepara a rottamare l’austerity e a fare vagonate di debito e il presidente transalpino tenta di far insediare l’ennesimo governicchio che dovrà traghettare la Francia in un’era di riforme e compiti a casa che non vuole fare nessuno per abbassare il deficit e sanare qualche buco di troppo, il nostro ministro all’Economia va al forum Coldiretti a dire che “non creare nuovo debito è un principio morale prima che contabile”. Ecco, il generale Roberto Vannacci potrebbe farci la seconda edizione del suo best seller: “L’Europa al contrario”. Viviamo tempi interessanti ma le parole che suonano quasi in tedesco di Giancarlo Giorgetti rappresentano un tema serio su cui soffermarsi per tentare, almeno, di comprenderli. “Noi non creiamo nuovo debito per le nuove generazioni: è un principio morale prima che contabile”, ha detto alla platea degli agricoltori der Minister: “C’è una responsabilità morale nel creare debito”. Sembra quasi di essere tornati a tanti anni fa, ai tempi di Mario Monti, quando le pensose articolesse dei giornaloni, quelli che la sanno sempre più lunga degli altri, ci ragguagliavano sulla strana circostanza linguistica per cui, in tedesco, peccato, o meglio colpa, e debito si traducono con la stessa parola: schuld. Ci si potrebbe pure fermare qui. E sarebbe un errore perché Hans-Karl zu Giorgetti ha spiegato le ragioni dietro al rigore utilizzato dal governo per far quadrare la manovra. “Questa è una fase cruciale, storica, l’Italia arriva con un governo nel pieno del suo potere e della sua stabilità che altri non hanno e una voce in capitolo la possiamo avere”. Detto ancora più chiaro: “Se hai una sostenibilità finanziaria, puoi permetterti di parlare e non se sei nell’angolo come la pecora nera e allora devi chiedere soltanto permesso”. L’operazione, quindi, è quella di rafforzare l’Italia per restituirle dignità sui tavoli che contano. Perché si può essere tenuti in considerazione, ed è questo il sottotesto, soltanto giocando allo stesso gioco di chi regge il banco. E sono, al solito, i mercati. Gli stessi che, oggi, si accaniscono sulla Francia azzoppata da deficit e mattane politiche di Macron che vorrebbe permettersi ancora i lussi di un welfare state novecentesco nell’epoca delle riforme a tutti i costi. Gli stessi che pungolano Merz a smetterla di contare i centesimi e a dare nuovo vigore a un’industria, e in generale a un’economia come quella tedesca, che sta languendo. Gli stessi che avrebbero dovuto travolgere in poche settimane il governo Meloni dopo le elezioni del 2022 e che, invece fanno incetta di Btp italiani facendo crollare lo spread a livelli impensabili perfino con Monti e Draghi consentendo allo Stato di risparmiare, come ha sottolineato proprio Giorgetti, fino a 80 miliardi solo di interessi sul debito. Adesso, a proposito della manovra, è il tempo della contrapposizione politica. Coi ruoli che, di nuovo, si sono ribaltati. Chi lodava il loden ieri, deplora il “rigore” di oggi. Chi avrebbe voluto abbattere tutto ieri, oggi si fida di Giorgetti. Niente di nuovo sotto al sole. Intanto i numeri sono passati nel Dpb e adesso tocca a Bruxelles certificare se tanto sforzo sarà premiato. Diciotto miliardi in tre anni, nove per il taglio dell’Irpef al 33%, 3,5 miliardi per famiglie e sostegno alla povertà con la revisione del calcolo Isee. E poi quattro miliardi per il superammortamento degli investimenti delle imprese in beni materiali, altri 2,4 miliardi di euro per il 2026 e 2,65 miliardi per il biennio successivo che si aggiungeranno ai rifinanziamenti previsti dalla scorsa legge di bilancio per oltre 5 miliardi per il 2026, 5,7 miliardi per il 2027 e quasi 7 miliardi per il 2028. Infine la nuova pace fiscale, ai debiti a tutto il 2023, l’allungamento al 31 dicembre ’26 per la sospensione di plastic e sugar tax, il rifinanziamento della nuova Sabatini. E poi la questione delle banche. Non sarà una tassa ma un “contributo”. Le parole sono importanti: “Attenzione a usare la parola tassa – ha detto il segretario Fabi Sileoni – : c’è il rischio di creare un precedente pericoloso, l’uso di questo termine potrebbe spaventare i mercati e, inevitabilmente, come già accaduto purtroppo in passato”. Ecco, appunto. I mercati. C’erano un tedesco, un francese e un italiano: Giorgetti, Merz e Macron. Scoprite voi chi è chi. Ma tutti e tre rispondevano a loro. Ai mercati.