Telefonate e messaggi a ripetizione? Sono molestie
Un caso a Vibo Valentia, la Cassazione censura l'insistenza e la petulanza dell'uomo che voleva tornare con la ex
Telefonate e messaggi insistenti e a ripetizione, anche dieci volte al giorno. una sentenza dice che sono molestie.
Telefonate e messaggi a ripetizione, la sentenza: molestie
Un uomo aveva perseguito l’ex partner con messaggi e telefonate insistenti per due settimane, arrivando a contattarla decine di volte al giorno.
Il suo intento era convincerla a tornare insieme, ma la donna ha trovato quelle comunicazioni moleste e indesiderate.
Le chiamate e i messaggi non contenevano minacce o insulti, tuttavia risultavano pressanti e invasivi. La vittima ha quindi deciso di querelare l’uomo, raccogliendo prove come screenshot di messaggi e registrazioni di chiamate.
Il tribunale, la Cassazione
Il tribunale di Vibo Valentia ha condannato l’uomo per molestie, riconoscendo che la sua condotta ha creato disagio ripetuto e un’intromissione sgradita nella vita dell’ex partner.
In appello, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza, evidenziando che il comportamento dell’uomo sia stato mosso da un motivo biasimevole e caratterizzato da petulanza.
I giudici lo hanno definito pressante e indiscreto, sottolineando come abbia compiuto un’inopportuna invasione della libertà personale della donna.
La difesa
La difesa dell’imputato aveva sostenuto l’assenza di prove che le ripetute comunicazioni avessero alterato lo stato psicologico della vittima in modo doloso o prolungato. Senza contestare messaggi e telefonate insistenti considerate dai giudici molestie.
Inoltre, aveva fatto notare che la donna non avesse bloccato l’utenza dell’uomo. La Corte però ha rigettato queste argomentazioni, affermando che l’alterazione psichica non deve essere necessariamente duratura per configurare molestia e che il mancato blocco dei messaggi non esclude la molestia.
La tutela della privacy
Infine, la Corte ha chiarito che la possibilità di interrompere l’azione molesta nasce soltanto dopo che questa si è già verificata. Per questi motivi, la condanna a carico dell’uomo resta valida e rappresenta un monito contro condotte pressanti e invadenti, anche se non accompagnate da minacce o insulti.
La tutela della libertà e della serenità personale prevale, insomma, in casi di molestie reiterate e non desiderate.
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