Elkann striglia i piloti Ferrari: “Parlino meno e guidino di più”. Ma la verità è che a mancare è la macchina
Ma con una monoposto per nulla competitiva quali sono le prospettive?
L’immagine è di quelle che lasciano il segno: John Elkann che, a margine della presentazione della partnership tra Milano-Cortina e i brand italiani di Stellantis, striglia pubblicamente i due piloti della Ferrari, Charles Leclerc e Lewis Hamilton, reduci dal doppio ritiro di Interlagos. Un messaggio secco, quasi paternalistico: “Pensino a guidare e parlino meno”. La frase ha subito fatto il giro del paddock e non solo. Perché, al di là del tono, emerge un paradosso che gli appassionati di Formula 1 conoscono fin troppo bene: sono anni che la Ferrari non è competitiva, e non certo per colpa dei piloti.
La strigliata di Elkann
Eppure, commentando il disastroso GP del Brasile, Elkann ha aggiunto: “Se guardiamo i meccanici, stanno praticamente vincendo il campionato per prestazioni e pit stop. Se guardiamo gli ingegneri, la macchina è migliorata. Il resto non è all’altezza”. Il “resto”, secondo molti, include proprio i piloti. Secondo altri la gestione della scuderia del Cavallino Rampante che, un tempo grande, oggi delude puntualmente appassionati e tifosi. Ed è qui che il discorso si fa ironico. Perché criticare due campioni come Leclerc e Hamilton, costretti a domare una monoposto che fatica a tenere il passo di Red Bull, McLaren e Mercedes, suona più come uno scarico di responsabilità che come una presa di coscienza.
Una monoposto che “non cammina”
La realtà del campionato – e degli ultimi anni – è semplice: La Ferrari non è competitiva, ma Elkann striglia i piloti. Non sul passo gara, non sull’evoluzione stagionale, non sulla strategia. Leclerc e Hamilton hanno recriminato più volte, e non per capriccio: la monoposto di quest’anno continua a mostrare limiti strutturali evidenti, instabilità, degrado gomme, e una cronica incapacità di sviluppare aggiornamenti efficaci. Criticità che ormai si registrano da tempo con la proprietà e la dirigenza che appaiono assolutamente incapaci di invertire questa disastrosa tendenza. Parlare meno non renderebbe certamente la macchina più veloce.
E nel frattempo, altrove…
Elkann ha poi ricordato con orgoglio il trionfo nel Mondiale Endurance: “È stata un’emozione straordinaria. Quando la Ferrari è unita, si possono ottenere grandi cose”. Ed è vero. Paradossalmente, però, è in Formula 1, la casa naturale del mito della Rossa, che da oltre quindici anni si assiste a un lungo e lento declino. Un calo inesorabile che le scelte di Binotto prima e Vasseur dopo come Team principal di certo non hanno contribuito a rallentare. Il riferimento alla “unità” della squadra appare quindi quasi simbolico: un invito all’armonia che forse dovrebbe partire dall’alto. Perché, come ricordano molti tifosi, la responsabilità di risultati così deludenti non può ricadere solo su chi guida. O meglio, non solo su chi guida le monoposto, ma anche su chi ha in mano le redini del team di Formula 1 e della scuderia in generale.
Un po’ di autocritica?
D’altra parte, anche Stellantis, la holding guidata da Elkann, non vive esattamente una fase dorata: sul mercato auto, molti modelli del gruppo faticano a reggere la concorrenza per qualità percepita, tecnologia e prestazioni rispetto ai rivali tedeschi e asiatici. Magari, ci si dovrebbe interrogare anche su questo. O si preferisce chiedere agli automobilisti di parlare di meno e guidare di più? Insomma: se la Ferrari in Formula 1 non vince da anni e i marchi Stellantis rincorrono la concorrenza, forse più che zittire i piloti, servirebbe fare un serio esame di gestione. Soprattutto perché la Rossa era grande, eccome se lo era. Ma quel periodo oggi sembra lontano. E riportarla in alto richiederà strategie e scelte molto più coraggiose.
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