Due anni dal femminicidio di Giulia Cecchettin, il padre Gino: “Dolori che non si allevieranno mai”
A due anni dalla morte di Giulia Cecchettin, uccisa nel novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta, il padre Gino Cecchettin ha ricordato la figlia in un’intervista a La Stampa, ripercorrendo il dolore e la battaglia civile che ne sono seguiti. “Questi due anni li ho passati nel dolore”, ha detto, spiegando che ogni giorno porta con sé una sofferenza diversa ma anche la gratitudine di aver condiviso con Giulia una parte della sua vita.
Nel colloquio, Cecchettin ha parlato anche del processo a Turetta, condannato all’ergastolo e che ha rinunciato a impugnare la sentenza. “Ostinarsi, come sarebbe giusto, per chiedere il riconoscimento degli atti persecutori e della crudeltà significherebbe continuare a combattere. Ma, poi, per cosa? C’è già stata una sentenza di condanna all’ergastolo”, ha spiegato. E ancora: “A volte bisogna avere un po’ di razionalità per decidere di usare le energie per quello che serve davvero. E non per un riconoscimento che sarebbe solo un esercizio di giurisprudenza”.
Riguardo alla perdita della figlia, ha aggiunto parole di grande intensità: “Ci sono dolori che non si allevieranno mai, con nessun tipo di pena. Mi sembra ieri che potevo parlare con lei, e invece sono già passati due anni. Ogni giorno ha la sua dose di dolore, a volte molto intenso. Però c’è anche la felicità per avere vissuto con lei.”
Sul piano sociale e culturale, Cecchettin ha ribadito la necessità di un cambiamento profondo: “La nostra società è ancora patriarcale. Lo raccontano i fatti di cronaca, lo dimostra la presenza di un concetto radicato nel linguaggio, negli stereotipi sessisti e negli usi delle persone.” E ha sottolineato che “serve un passo diverso nel linguaggio, nella considerazione di certi reati e nell’applicazione delle pene”.
Parlando della Fondazione Giulia Cecchettin, il padre di Giulia ha spiegato che l’impegno nasce “dal desiderio di evitare che altri genitori debbano vivere ciò che ho vissuto io”, ma anche dalla speranza che un giorno “non servano più fondazioni intitolate a ragazze uccise”.
Infine, un appello: “Non possiamo cambiare ciò che è stato, ma possiamo cambiare ciò che sarà. Per Giulia e per tutte le Giulia che verranno, vi chiedo di fare una scelta coraggiosa, di credere nell’educazione come prima forma di giustizia, come la vera forma di prevenzione.”
Torna alle notizie in home