Cultura & Spettacolo

IL DOCUMENTARIO – Abu Omar: la vita e il rapimento, Cia e terrorismo diventano un film

di Nicola Santini -


Vent’anni fa circa, il 17 febbraio 2003, Abu Omar, Imam della moschea di via Quaranta a Milano, viene rapito. L’uomo è sospettato di terrorismo internazionale, e la Digos e la Procura di Milano stanno ricostruendo il mosaico dei suoi contatti, tra ipotesi e percorsi ad ostacoli, quando si ritrovano con l’indagato scomparso nel nulla.

Non una traccia, non un segnale. Niente di niente. Con il tempo tanti puntini si uniscono, ma i perché e i per chi rimangono ancora un grande punto interrogativo che qualcuno sta cercando di decriptare attraverso un lavoro di inchiesta e ricerca. Una storia misteriosa e affascinante, sulla quale per due decenni gli interrogativi si sono sprecati. Terrorismo, spionaggio e segreti di Stato. Questi gli elementi principali di una vicenda controversa e dibattuta che non lascia indifferenti e che pone ancora tantissimi dubbi. La questione è stata riportata dalla stampa internazionale come uno dei più dettagliati e documentati casi di azione illegale per mezzo della Cia nel contesto della guerra globale al terrorismo.

Ventitré agenti dell’agenzia statunitense e due agenti italiani sono stati condannati per il rapimento.
L’imam ha ricevuto un cospicuo risarcimento con la sentenza pronunciata in Italia, Paese dove però non può più metter piede perché accusato di terrorismo internazionale con mandato di cattura pendente.
Un mistero rimasto tutt’oggi irrisolto: venti lunghi anni di zone d’ombra che ancora non sono state completamente portate alla luce e che oggi diventano il soggetto di un documentario scritto e diretto da Flavia Triggiani e Marina Loi e prodotto da ILBE in collaborazione con In Bloom, Flair Media Production e La7.

Il lavoro della Triggiani ripercorre il rapimento attraverso interviste esclusive, collezionate tra Italia, Stati Uniti ed Egitto: si raccontano davanti alle telecamere lo stesso Abu Omar, sua moglie Nabila Ghali, il Pubblico Ministero Armando Spataro, che ha seguito l’intera inchiesta, i giornalisti Mattew Cole della NBC News e Sebastian Rotella del Los Angeles Time, voci autorevoli a livello internazionale, ma soprattutto esporrà per la prima volta la propria versione Niccolò Pollari, all’epoca dei fatti capo dei servizi segreti italiani.


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