Allarme criminalità nelle carceri, gli agenti della penitenziaria chiedono più sicurezza
di LUCA GIARRUSSO – Allarme criminalità nelle carceri, gli agenti della penitenziaria chiedono più sicurezza
Crescono i numeri dei disordini all’interno delle case circondariali, si va dalle rivolte e danneggiamenti di materiali e strutture fino allo spaccio interno.
L’ultimo caso, risalente ad inizio settimana, riguarda il tentativo di introdurre, nel nuovo complesso di Rebibbia a Roma, un ingente quantitativo di droga utilizzando i droni. Sulla vicenda è intervenuto il Segretario SAPPE del Lazio, Maurizio Somma: “All’esterno del reparto G11 sono stati avvistati alcuni droni che hanno lanciato 4 chili di hashish, poi recuperati dalla polizia penitenziaria”. L’impiego delle nuove tecnologie rende più complicati gli interventi degli agenti come spiega Somma: “Anche quest’ultimo evento conferma tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffico illecito a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali in cui opera la polizia penitenziaria. Si pensi, ad esempio, al grave evento critico di Frosinone avvenuto nel 2021, quando un detenuto è riuscito a procurarsi una pistola all’interno del carcere tramite un drone, arma poi utilizzata per sparare contro altri tre detenuti”.
Ferma la denuncia di Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “I droni, per la loro natura, si prestano ad essere impiegati anche in diverse attività illecite. Non a caso, il SAPPE lo denuncia da tempo e per questo sollecitammo che la polizia penitenziaria disponesse di nucleo specializzato di operatori aeromobili. Si tratta di agenti specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che dissuasiva dei fenomeni di violazione degli spazi penitenziari. Mi riferisco all’impiego di fucili dedicati che invece dei proiettili possono fermare un drone attraverso il loro jammer, ossia un disturbatore di frequenza che provoca interferenze nelle trasmissioni tra il drone e il segnale dell’operatore che lo conduce.”
Un altro recente caso che si è svolto ad inizio mese, sempre nel carcere di Rebibbia, ha visto impegnati gli agenti nel sedare una violenta protesta da parte di un gruppo di detenuti. Protesta che ha cagionato ingenti danni ad un piano del reparto G11. Ci sono state risse tra stranieri, sono stati richiamati in servizio agenti fuori turno e persino personale che in mattinata aveva partecipato alla parata militare. “I poliziotti di servizio nel carcere – racconta Somma – dopo una lunga opera di mediazione, hanno contenuto la folle protesta e riportato la situazione alla normalità. Eventi comunque già ampiamente preannunciati dal SAPPE a testimoniare la tensione che da mesi si vive nelle carceri, chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del PRAP e una visita ispettiva da parte dell’ASL per valutarne l’idoneità sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro”.
Il sindacato segnala ormai da tempo una carenza di organico, la mancanza di nuovi dispositivi di sicurezza e le troppe libertà concesse ai detenuti, libertà che troppo spesso si trasformano in atteggiamenti incompatibili con un istituto di reclusione, come spiega Somma: “Questi ultimi episodi devono necessariamente far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione. Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali, siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che vogliono. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali, in carcere non ci sono solo detenuti, ma vi operano anche umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni”.
In merito alla questione è intervenuto anche il segretario Capece, rinnovando le richieste per un potenziamento dell’organico all’interno delle carceri e anche della dotazione di strumenti di tutela non letali come i flash ball ed i bola wrap. Il primo è un fucile che spara proiettili di gomma, già in dotazione alla polizia penitenziaria francese, mentre la seconda è una arma da difesa che spara lacci bloccanti le gambe dei riottosi, anch’essa già in uso ad alcune polizie locali di alcune città italiane. “Servono regole ferree per ristabilire ordine e sicurezza nelle carceri – conclude Capece – attuando davvero quella tolleranza zero verso i detenuti violenti che, anche in carcere, sono convinti di poter continuare a delinquere nella impunità assoluta. Qui serve, forte ed evidente, la presenza dello Stato, che non può tollerare questa diffusa impunità, e servono provvedimenti urgenti ed efficaci”.
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