Politica

Anche senza Berlusconi lo scontro continua. Magistrati all’attacco del governo: “Vogliono zittirci”

di Edoardo Sirignano -


di EDOARDO SIRIGNANO

Il tempo passa, il Cavaliere non c’è più, ma i togati e il centrodestra continuano a essere nemici. Stiamo parlando di un amore mai nato. Non basta neanche la promozione di un ex togato come Nordio alla Giustizia per mette fine a quello che qualcuno definisce “l’eterno scontro”.

A mettere benzina sul fuoco è proprio Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che a poche ore dal funerale di Stato, se la prende con la maggioranza: “Ingiustificabile – dichiara ai taccuini di Repubblica – cancellare l’abuso d’ufficio. Intercettazioni vietate alla stampa? La norma crea solo tensione col mondo dell’informazione”. Per l’esponente del cosiddetto terzo potere, il disegno, presentato durante l’ultima seduta del Consiglio dei Ministri, “non è una riforma di ampio respiro e contiene modifiche che meritano una ferma critica”. Una vera e propria sfida, quindi, alla premier Meloni, adesso a capo di quel centrodestra, affidatole dal sempre perseguitato Silvio.

Una cosa è certa, il giustizialismo continua a sembrare cosa di sinistra. Non tutti ovviamente la pensano allo stesso modo, ma c’è sempre una fetta importante di opinione pubblica che ritiene che una parte di magistratura voglia utilizzare il proprio lavoro come una clava da scagliare contro quei politici con cui non si ritrova. Ecco perché dalla coalizione conservatrice arrivano subito bordate verso un mondo, che a suo parere, sembra non garantire tutti allo stesso modo.

Il primo a rispondere è il Guardasigilli, che sottolinea come sia “patologico che in Italia molto spesso la politica abbia ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi. Questo è inammissibile. Il magistrato non può criticare le leggi, come il politico le sentenze”. Un’uscita, che di fatto, rianima tutto quel mondo conservatore, spesso vittima di un sistema, dove basta un’indagine per ritrovarsi cosparso di fango.

Non è detto, pertanto, che il ritorno di quella diatriba, che ha reso difficile la vita al patron di Fininvest, adesso possa fare da collante all’interno di una maggioranza spesso divisa o addirittura darle nuove sponde. Un’apertura sul tema, ad esempio, arriva da Italia Viva e Azione, soggetti divisi su tutto, ma non sulla giustizia. Enrico Costa sottolinea come “i magistrati provano subito a condizionare l’iter della riforma”. La strategia di Renzi, direttore del Riformista, d’altronde, è quella di utilizzare la causa del garantismo per prendersi i voti di Forza Italia. Ecco perché il ritorno della battaglia contro il comune avversario potrebbe rinsaldare rapporti in crisi o addirittura creare dei ponti fondamentali per quella che sarà l’Italia del dopo Silvio.

A parte il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, che subito hanno preso le distanze dal disegno di Nordio, c’è un mondo che intende collaborare e dare una sferzata a quelle sfumature descritte nei libri di Palamara. Basti pensare ai socialisti-democratici delusi dal Nazareno fino ai Radicali. Non è detto che il vero Terzo Polo o la quarta gamba di Palazzo Chigi possa nascere proprio su un tema, che ha visto, più o meno, penalizzati sempre gli stessi. In politica basta avere un nemico comune per ritrovarsi.

Il grido di battaglia di Vittorio Sgarbi, in un’intervista al quotidiano Il Tempo, vale più di mille parole. “Ora un’operazione verità sulla persecuzione giudiziaria di Silvio”. Il sottosegretario alla Cultura chiede addirittura una commissione d’inchiesta per riabilitare il nome di Forza Italia. Un partito, che dopo la dipartita del suo leader, visto da gran parte della popolazione come un martire della malagiustizia, ha già guadagnato un +2,6 per cento. Perché, quindi, non cavalcare l’onda, invece di farsi travolgere? Se i magistrati non ci stanno alla legge dedicata a Silvio, meglio sfruttare il “niet” come un’occasione per guadagnare il consenso di un popolo deluso.


Torna alle notizie in home