Andrea Sempio a Porta a Porta parla punto per punto delle accuse a suo carico
Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi arriva nel salotto di Porta a Porta dove ieri Andrea Sempio è stato ospite di Bruno Vespa. Il 38enne – unico indagato nel nuovo filone d’inchiesta – ha raccontato dubbi, paure e contraddizioni delle accuse che lo riguardano in vista dell’incidente probatorio del 18 dicembre a Pavia. Le sue dichiarazioni, nella lunga intervista a Porta a Porta con Bruno Vespa, offrono uno spaccato di tensioni, dubbi e paure che circondano la vicenda.
“Il Dna è parziale, non riproducibile: non può incastrarmi”
Sempio ha affrontato il nodo centrale dell’indagine: la traccia genetica trovata sulle unghie della vittima. “Si continua a parlare di Dna, nonostante non sia stato trovato un profilo completo”, afferma. Secondo Sempio, anche le consulenze più critiche nei suoi confronti, come quella di Linarello (difesa Stasi) e quella della Procura di Pavia, non arrivano ad attribuire in modo certo la traccia a lui. L’unico punto condiviso dagli esperti sarebbe che si tratta di una traccia parziale, incapace di replicarsi in più analisi identiche. “Non ha i criteri per essere attendibile”, insiste Sempio.
E aggiunge: “Forse alcuni punti potrebbero coincidere con me, con un familiare o con una persona con lo stesso aplotipo non presente nei database. Perfino le consulenze più cattive non possono davvero puntare il dito contro di me”. Sempio ribadisce che, se si fosse trattato di una traccia da colluttazione, il profilo genetico sarebbe stato chiaro, netto, abbondante.
L’impronta 33 e il nuovo sospetto
Un altro elemento discusso è la celebre impronta 33 rinvenuta sul muro della cantina della villetta dei Poggi. La Procura sostiene che potrebbe appartenere a Sempio. Lui non lo esclude, ma ribadisce i suoi dubbi: “Ho molti dubbi sia attribuibile a me. Anche se lo fosse, non sarebbe una traccia insanguinata ma una semplice impronta. In cantina ci sarò stato tre o quattro volte”.
Le telefonate a casa famiglia Poggi
A Porta a Porta Sempio chiarisce anche le due telefonate ritenute sospette dai magistrati, avvenute una settimana prima del delitto. “Chiamai per cercare Marco, nessun mistero”. La prima, durata due secondi, sarebbe stato un errore di composizione. La seconda, invece, mirava a rintracciare Marco Poggi, amico di Sempio: “Mi venne detto che non c’era. Ho provato a richiamarlo poi senza successo. Il giorno dopo ho telefonato consapevolmente a casa Poggi per chiedere quando sarebbe tornato”. Un comportamento, precisa, tenuto anche da un altro amico della famiglia Poggi.
Lo scontrino dell’alibi
Rispetto allo scontrino che rappresenta uno dei punti del suo alibi, Sempio sottolinea che non è un caso isolato: “Non ero l’unico ad averne uno”. “C’è chi ha portato scontrini, chi passaporti, chi le timbrature del lavoro o i movimenti del bancomat”.
Sempio nega categoricamente anche di di aver ricevuto in anticipo le domande degli interrogatori:
“Erano gli stessi temi usciti in televisione e sui giornali. Non c’era nulla di nuovo”.
Sempio a Porta a Porta punta il dito contro Stasi
Sempio è poi netto quando parla di Alberto Stasi, condannato in via definitiva: “Le sentenze parlano chiaro: oggi il colpevole è Stasi. Non ho motivo di pensare il contrario”.
Nonostante la nuova indagine, Sempio dice infatti di non avere nulla di cui vergognarsi: “Non ho paura di camminare per strada. È pesante avere gli occhi addosso, ma non ho nulla da nascondere”.
Il suo vero desiderio? “Sogno l’oblio, tornare alla normalità”.
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