Cultura & Spettacolo

Antonella Boralevi a La Milanesiana: “Salute, Corpo, Spirito: il Ritorno”

di Nicola Santini -


LA MILANESIANA, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, torna e dedicarsi al tema del Diritto con quattro appuntamenti a Milano il 13, 14, 15 e 16 giugno a cura del giurista, dirigente e notaio Piergaetano Marchetti.

In foto Elisabetta Sgarbi

Oggi (16 giugno) l’evento “DIRITTO ALLA SALUTE” (in collaborazione con Intesa Fondazione Aem) si tiene presso la Fondazione AEM inizia alle ore 12.00 con l’introduzione di Piergaetano Marchetti a cui segue il prologo letterario della scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva Antonella Boralevi. Marchetti modera il dialogo tra il cardiochirurgo Senior consultant presso l’Ospedale San Raffaele di Milano Ottavio Alfieri, il Professore emerito d Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Massimo Clementi, il medico e ricercatore nel campo dell’epatologia e della gastroenterologia Massimo Colombo, l’avvocato Franco Toffoletto e il professore emerito Alberto Martinelli.

Toccante il testo di Antonella Boralevi:

C’è un fruscio. O è un sibilo? Il buio ha occhi minuscoli, nascosti dentro la notte. Piccoli sassi luminosi. Un serpente? Lo sfrigolio di un raggio sperduto del sole che non buca la selva, eppure luccica sul dorso di un ragno delle banane? Un morso, un guizzo, sei morto. Per mangiare, quel fico, o l’altro? Hanno lo stesso colore. Ma uno è velenoso, un veleno che uccide. L’altro no. Quattro bambini nella selva. In Colombia, la giungla si chiama selva. E c’entra Dante, anche se gli Indios della Amazzonia Dante non l’hanno mai letto. “Selva” sta per “infinito buio”. Lì dove sei perso. Lì dove la diritta via è smarrita per non essere mai più ritrovata.

Ma qui, fate attenzione. Facciamo attenzione.

Qui sta la differenza.

Qui sta il confine sottile, scivoloso e tetro tra Spirito e Corpo.

I quattro bambini della selva, che nella selva sono sopravvissuti soli, senza adulti, senza cibo, senza acqua, per 40 giorni. Un anno. Quattro, Nove. Tredici. Christian, Tien, Soleini, Lesly. 3 femmine, solo Tien, anni 4, è maschio. L’aereo su cui viaggiavano con la loro mamma si è schiantato nella selva, tutti morti. Tranne questi bambini.

Li hanno cercati in mille, per un mese e dieci giorni, in uno spazio infinito come l’orizzonte. Li ha trovati un cane, che poi per la stanchezza, io credo, si è perso. O forse si è lasciato prendere dalla paura, proprio perché l’aveva vinta?

Cosa c’entrano questi 4 bambini Indios con il Tema di questo incontro: Corpo, Spirito, salute, anzi Diritto alla Salute? Voi non potete vederlo, questo mio testo, ma ho scritto con le maiuscole sia “corpo” che “spirito”. Minuscolo, invece, “salute”. Che diventa degna della lettera capitale solo quando si fa sintagma “Diritto alla Salute”.

Questa frase, io credo, è uno dei pilastri della società giusta. La società che i filosofi hanno sognato, descritto, proponendoci “il migliore dei mondi possibili”, i falansteri, il mondo delle idee, senza mai vederli\poterli realizzare.

E qui esce la prima verità. Come un coniglio dal cilindro. Il corpo e lo spirito appartengono all’io. Sono Persona. Sta alla Persona farsene carico. Un carico che è custodia del dono che abbiamo ricevuto.

Una poetessa Premio Nobel, che profondamente amo, Washawa Szymborska, lo dice in un modo inconfutabile.

Nulla è in regalo, tutto è in prestito.

Sono indebitata fino al collo.

Sarò costretta a pagare per me

con me stessa,

a rendere la vita in cambio della vita.

É così che stanno le cose,

il cuore va reso

e il fegato va reso

e ogni singolo dito.

Se unite le parole “corpo” e “spirito”, trovate la parola “salute”. Esattamente come se mescolate Rosso e Verde, vedete Giallo. La salute è uno stato di armonia in cui il corpo nulla ha da dire di sgradevole allo spirito e quindi non ha bisogno di creare una malattia. Quello che la letteratura ha capito per prima, da Omero a Susan Sontag, la malattia come metafora, oggi, negli Anni Venti del Terzo Millennio è moneta comune che circola nella mente di quasi tutti. Medici, scienziati, gente comune. Dalla cultura della malattia “psicosomatica” siamo usciti con decenni di diagnosi purtroppo sbagliate. Dalla consapevolezza che lo Spirito è il Corpo, stiamo ricavando il beneficio di una salute diffusa (almeno come scopo sociale). Soprattutto, di un pensiero condiviso che impone di rispettare il Corpo dando allo Spirito quel che gli appartiene.

Abbiamo inventato e da quasi 40 anni abitiamo nello Stato del Wellness. Il Benessere, che negli Anni Cinquanta e Sessanta era un valore economico, adesso è invece un valore immateriale: il valore della salute. La quale salute, come ci spiega la Legge di Bilancio dello Stato, è la prima spesa del nostro pil e la prima delle preoccupazioni degli economisti, sia perché l’INPS ha 385 miliardi di bilancio, ovvero metà dell’intera Finanziaria, sia perché di questa spesa 1\3 va in assistenza sanitaria e 2\3 in pensioni. E più gli italiani invecchiano (1 su 4 ha più di 65 anni) più si acciaccano e affollano ospedali e ambulatori e laboratori di analisi cliniche e consumano medicinali e costano e costano e costano.

Quindi, la Salute è un valore economico. Alquanto insolito. Basato sull’immateriale valore dello Spirito che si accasa nel Corpo in serena armonia.

Noi pensiamo che “benessere” sia il memento degli Antichi, “Mens sana in corpore sano”, ma non è esattamente così. Le parole sono le cose e contengono slittamenti che ne cambiano il valore e il senso, anche se noi non ce ne accorgiamo. Nella nostra sensibilità contemporanea, il “corpore sano” ha preso il sopravvento, ha messo all’angolo la “mens”. Noi facciamo ore di palestra, di sport, di attività fisica perché i medici della salute (una categoria che dopo essere appartenuta alla cultura orientale, soprattutto cinese, per millenni, da poco è arrivata anche nel nostro Occidente sprecone) ci hanno dimostrato che chi si allena si ammala di meno. Tuttavia, non da molto, si fa strada nel sentire condiviso anche l’idea che i proverbi contadini sanno da secoli: “Cuorcontento il ciel l’aiuta”. Ovvero: se sei di buonumore, sei anche sano. Il “buonumore” è un vocabolo antiquato. Adesso si dice “positivo”. Se pensi positivo non è perché sei vivo e basta, come cantava trenta anni fa Jovanotti. Se pensi positivo, ci dice la scienza della salute, il tuo corpo riceve benefici assoluti. Che uniti all’esercizio fisico, configurano quello stato che chiamiamo genericamente “salute”.

Lo stato moderno ha dato forma e contenuto giuridico a questa condizione, creando una normativa che va sotto il vasto cappello del Diritto alla Salute. La salute è un valore che il Pubblico deve per legge consegnare alla Persona, attraverso la prevenzione e la tutela e la cura.

Quindi, quello che abbiamo appurato poco fa, cioè che il corpo e lo spirito appartengono alla Persona che ha l’obbligo morale di prendersene cura, è stato integrato dal Legislatore. Da condizione personale è diventato garanzia dello Stato.

Stiamo parlando, di nuovo, del migliore dei mondi possibili, e lo sappiamo. Il dibattito che viene dopo ci darà tutte le risposte necessarie.

Adesso, in questo prologo, mi interessa intanto il dono che ci hanno fatto i 4 bambini Indios sopravvissuti nella selva per 40 giorni senza acqua né cibo, né difesa di un adulto. Quale dono? Direte voi. Siamo così abituati alla giostra delle notizie, che permettiamo anche a quelle identitarie di scivolarci addosso.

I 4 bambini indios siamo noi. Meglio: sono quello che noi potremmo essere.

Se imparassimo, se sapessimo praticare la più difficile e umile delle arti, la più complicata e ostile delle nostre attività: il Ritorno.

Tornare è un po’ morire, dice una bellissima canzone di Carlos Gardel. In amore, può darsi. Ma stavolta noi parliamo di Spirito e di Corpo. E tornare, secondo me, significa “tornare quei bambini lì”, questi bambini che abitano il mondo come Casa, che sono sopravvissuti a belve, serpenti, ragni, fame, sete, camminando, proteggendosi. Sì. Con il sapere che la tribù Indios, che nella selva è nata da migliaia di anni, da migliaia di anni trasmette ai figli. Una forma purificata di istinto di sopravvivenza. Un modo di dare comportamenti a questo istinto. Sì, certo. Ma, guardate, non è una spiegazione troppo facile? È vero: ci tranquillizza. Ma basta a spiegare questo miracolo? No, io credo di no. Credo che la storia dei 4 bambini colombiani non sia una storia di perdersi, ma di TORNARE. Questi 4 bambini non hanno avuto paura. Sapevano che la selva era casa.

Tornare alla serena certezza che Corpo e Spirito sono uno la carne dell’altro, e che se sappiamo e mettiamo in pratica questa vera verità, dall’unione beata di questi che non sono opposti, ma due parti della stessa mela, nascerà la nuova Armonia del nostro mondo conosciuto.

E, ca va sans dire, il rispetto che gli dobbiamo affinché non si ribelli ai nostri abusi e ci divori.


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