Cultura & Spettacolo

FILM Te l’avevo detto – Asfissie e giudizi di una Roma fobica

di Nicola Santini -


Un viaggio esplorativo tra tormenti, ossessioni, giudizi e fissazioni. E una capacità di traghettare ogni singolo disagio nel glamour opaco della vita di tutti i giorni, intrecciandole in quelle che se da una parte ci fa comodo chiamarle relazioni, nel dato di fatto sono spesso e mal volentieri, incroci.
Sullo sfondo di una Roma investita da un’ondata di calore, Ginevra Elkann ha messo insieme un cast perfetto che ha saputo dare volti e voci a ogni singola deviazione della serenità e lo ha fatto facendo parlare attraverso sguardi, luci che non risparmiano, e silenzi che sbraitano.

Gianna (che ha volto e pathos di una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi) è fissata con la ex pornostar Pupa (interpretata da Valeria Golino), al punto tale da arrivare a diventare una vera e propria stalker. Pur sentendosi una di quelle con la verità in mano in grado di giudicarla senza appello, si capisce senza troppi sforzi che Gianna è dipendente in modo ossessivo da Pupa e la impiega come parafulmine per nascondere ciò che non ha mai voluto affrontare con gli strumenti psicologici di cui è evidente non disponga: l’abbandono del marito l’ha ferita a morte e non se ne libera. Pupa non se la passa di certo meglio: vive nel costante terrore di invecchiare e investe tutte le sue energie nel suo grande, improbabile, ritorno sulla scena che però la schifa. Chiaramente Elkann ci sbatte in faccia che il passare del tempo è inarrestabile ed evitarlo è un’impresa senza speranza.

C’è poi Mila (azzeccata l’interpretazione di Sofia Panizzi), preda delle azioni folli di sua madre Gianna, che sfoga con la bulimia. Cuore di mamma, anziché comprenderne il disagio, preferisce guardarla con sufficienza e concentrarsi sulle sue ossessioni. E, per un giro di karma, quando si tratta del suo rapporto conflittuale con il cibo, non riesce nemmeno ad evitare di giudicare sé stessa senza alcuna pietà.
Bill (con un terribilmente credibile Danny Huston) e Caterina (Alba Rohrwacher) inscenano una vita normale cercando di dissimulare tossicodipendenza ed alcolismo.

Nessuno di chi li circonda ha sguardi benevoli: il giudizio, tema centrale del film, non li risparmia. In particolare, padre Bill è guardato a vista dalla sorella (Greta Scacchi), arrivata dall’America per disperdere le ceneri della madre; e se Caterina è tenuta a debita distanza dal marito a cui presta il fianco Riccardo Scamarcio, che ha dalla sua la custodia del figlio, nessuno dei due è in odore di santità e ognuno invece sente il bisogno di fare i conti in tasca alla coscienza dell’altro mentre si cerca in modo goffo un faccia a faccia con le proprie paure.

L’altro protagonista è il caldo, afoso, asfissiante che in un crescendo di insopportabilità aumenta lo stato d’animo di ognuno, come a metterli di fronte a un inferno in terra nel giorno del giudizio.
Confesso che più di una volta ho avuto l’istinto di sventolarmi la giacca quasi per uscirne. Invece sono stato incollato alla poltrona.


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