Cultura & Spettacolo

Baby Reindeer, il binge watching doloroso ma dovuto

di Martina Melli -


Baby Reindeer è dolore, puro dolore. Ma è anche uno dei migliori show originali che Netflix abbia mai prodotto. Diciamo che è molto più oscuro e disturbante di quello che si può immaginare.
Guardando il trailer, l’adattamento di Richard Gadd della sua opera teatrale (basata su una storia vera) fa pensare alla vicenda di un uomo alle prese con la propria stalker. Invece è molto più di questo.
La serie affronta questioni quali la salute mentale, i traumi e gli abusi ma lo fa con sfumature e cura, senza prediche inutili.
Gadd interpreta Donny Dunn, un aspirante stand-up comedian che per sopravvivere lavora in un pub di Camden. Un giorno incontra una donna di nome Martha (Jessica Gunning) che, seduta al bancone del pub, piange disperata; Donny nel tentativo di darle conforto, le offre una tazza di tè. Martha, colpita dal gesto di tenera umanità nei suoi confronti, da quel momento in poi sviluppa un ossessione per Donny, il “cucciolo di renna”: trascorre tutti i giorni al pub per poterlo vedere e inizia a inviargli centinaia di mail al giorno.
Dopo averla cercata online, Donny scopre che Martha già in passato è stata condannata per stalking. Il problema è che lui, a causa della sua indole gentile ma soprattutto di un grave trauma subito cinque anni prima, è incapace di stabilire confini sani.
Baby Reindeer, tramite un lavoro approfondito e straziante, esamina come i traumi e gli abusi possano muovere le persone in modi che, per l’osservatore esterno, sono apparentemente privi di senso. L’immobilità di Donny nei confronti di Martha sembra inspiegabile, fino a quando non veniamo a conoscenza dei suoi demoni.
Richard Gadd ha portato in scena questo spettacolo per la prima volta a Edinburgh Fringe nel 2019, dunque non si tratta solo di una storia vera ma di un racconto autobiografico, dove l’autore e interprete è la stessa vittima di stalking.
Il personaggio di Martha è struggente e spaventoso grazie all’incredibile performance di Jessica Gunning, che riesce a trasmettere tutto, dalla dolcezza al cuore spezzato, alla malizia, alla rabbia furibonda, anche solo attraverso un cambiamento appena percettibile del volto.
Non si può dire sia un ruolo facile e lei è davvero fenomenale.
Anche la regia di Baby Reindeer è originale e volutamente opprimente, tanto che a tratti sembra di guardare un film horror. Ci sono primi piani scomodi; angoli inquietanti e inclinati.
Gadd non ha appiattito la complessità morale dell’opera per la televisione. Semmai, è andato più a fondo nelle zone grigie, indagando in modo mai superficiale temi delicati come la vergogna, la crudeltà, il disprezzo di sé, l’ego, la compassione, la depressione, la colpa, la solitudine, l’autodistruzione, il controllo, il desiderio, le droghe pesanti, la speranza e la disperazione.


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