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Carcere di Como, si è suicidato in cella il detenuto 24enne ferito durante le sommosse

di Flavia Romani -


Suicida in cella: è morto così il detenuto di 24 anni rimasto ferito durante le tensioni esplose la scorsa settimana nel carcere di Como. Il giovane, che era stato dimesso da poche ore dall’ospedale Sant’Anna dopo essere stato curato per un trauma da schiacciamento al torace, è stato trovato impiccato nella sua cella, alla quale era rientrato in seguito ai controlli clinici.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, durante la rivolta aveva colpito un agente della polizia penitenziaria con un pugno, procurandogli la frattura del setto nasale. Subito dopo avrebbe tentato di fuggire passando tra le sbarre di un cancello. Rimasto incastrato, ha riportando le lesioni che avevano reso necessario il trasferimento in ospedale.

La rivolta in carcere a Como e il detenuto ferito suicida in cella: cosa è successo

La rivolta del 13 novembre aveva coinvolto almeno cinquanta detenuti, molti dei quali di origine nordafricana. La sommossa, particolarmente violenta, si era sviluppata all’interno di diverse sezioni dell’istituto, provocando danni significativi a telecamere, arredi e strutture interne. I detenuti avevano preso d’assalto gli spazi della sezione, sfasciando porte, distruggendo impianti e rendendo inutilizzabili varie aree operative del carcere. Nel caos, tre agenti erano rimasti feriti. Oltre al poliziotto colpito dal giovane suicida, altri due avevano riportato traumi e contusioni, uno dei quali in condizioni definite gravi.

Per sedare la rivolta erano intervenute rapidamente unità di supporto provenienti da altri istituti lombardi e da Milano. Una volta ristabilita la calma, erano scattate le operazioni di identificazione dei principali responsabili, poi trasferiti in altre carceri della regione e del resto d’Italia, tra cui Varese, strutture del Piemonte e istituti in Sardegna. L’obiettivo era quello di spezzare eventuali legami tra i detenuti coinvolti e ridurre il rischio di nuovi episodi violenti.

L’intera vicenda ha riacceso i riflettori sulle condizioni critiche del sistema penitenziario italiano. A luglio 2025, il carcere di Como ospitava oltre 400 detenuti, quasi il doppio rispetto alla capienza regolamentare fissata a 265 posti. Una situazione di sovraffollamento che si aggiunge alla cronica carenza di personale e alla mancanza di adeguati servizi di assistenza sanitaria e psicologica, indispensabili soprattutto per i detenuti più fragili o problematici.


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