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Con Mare e Vitovska in Morje, il grande Carso nel bicchiere

di Simone Pasquini -


Non è una sagra, non è una fiera, non è una degustazione come se ne vedono a decine. Mare e Vitovska in Morje è un’altra cosa. È un posto, un tempo e un vino. Punto.

Il 27 e il 28 giugno, al Castello di Duino, si tiene la 19ª edizione di un appuntamento che per chi conosce il Carso non ha bisogno di spiegazioni. Chi non lo conosce, può cominciare da qui: oltre 30 cantine, più di 50 Vitovske da assaggiare, 4 vignaioli ospiti, piatti della tradizione, passeggiate, incontri, riflessioni. E il mare, sotto. Non come sfondo da selfie, ma come presenza.
La Vitovska non è un vino per tutti, e nemmeno per tutti i giorni. Sa di pietra, di vento, di radici. È nata dall’incrocio spontaneo tra malvasia e glera, ma si è fatta da sola. Ha un nome sloveno, “vitica”, che vuol dire viticcio, e un’identità che non cerca di piacere a tutti. Piuttosto, cerca chi la capisce.
Chi ha voglia di sedersi, ascoltare e bere senza distrazioni. «Non celebriamo solo un vitigno, ma la tenacia di chi lo coltiva», dice Matej Skerlj, presidente dei Viticoltori del Carso. Ed è vero: questo evento è fatto da produttori che non vanno in televisione, che non fanno “esperienze sensoriali”, ma lavorano la vigna tutto l’anno e si portano addosso il peso – e l’onore – di una terra che non regala nulla. C’è chi chiama questo “resistenza culturale”. Per noi è semplicemente fedeltà.

Il programma comincia mercoledì 25 con una camminata nei vigneti. Giovedì, cena di benvenuto alla Devetak. Venerdì alle 15 il convegno “Affrettarsi lentamente”, con ospiti come Slow Food e Slow Wine, per ragionare su tempo, clima, comunità e futuro. Poi, dalle 18, si aprono le porte del castello: vino, cibo, parole, silenzi. E la bellezza che fa da sfondo, ma senza rubare la scena.
Il sabato si replica. Con la stessa cura. Con lo stesso spirito. E con la possibilità di comprare ciò che si è amato, grazie all’enoteca nel cortile.

I banchi d’assaggio si animano, le degustazioni guidate aiutano a orientarsi, ma il senso più profondo dell’evento è l’incontro. Con chi produce, con chi assaggia, con chi torna ogni anno. Si scambiano bottiglie, ma anche storie. Si stringono mani callose, si ascoltano accenti diversi, si costruisce un’idea di comunità che non ha bisogno di slogan. È il Carso che si racconta da solo. Basta fermarsi e ascoltare. Meglio ancora se con un calice in mano.

I biglietti in prevendita sono finiti. Se il tempo regge, ce ne saranno altri sul posto. Se piove, niente. Semplice. Perché qui comanda ancora il cielo. E va bene così.
Mare e Vitovska non ha bisogno di effetti speciali. Ha bisogno solo di gente vera, che sa riconoscere ciò che conta. E che sa ancora aspettare un anno intero per un sorso di verità.


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