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Conte sul caso Caffaro Brescia: “Servono subito più risorse per eseguire la maxi bonifica”

di Ivano Tolettini -


Per estirpare “un cancro come la fabbrica dei veleni chimici” piantata da decenni nel cuore della Leonessa d’Italia, con una bonifica davvero adeguata che scongiuri futuri pericoli, lo Stato ci deve mettere più soldi. E con ogni probabilità anche il privato Antonio Donato Todisco, industriale della chimica ultimo gestore dal 2011 fino al 2020 quando cessò l’attività produttiva, che per i magistrati non avrebbe rispettato i patti. E che adesso si trova sulla graticola processuale. Giuseppe Conte è stato l’ultimo leader nazionale in ordine di tempo a calarsi nella realtà di Brescia a sostegno del proprio candidato sindaco in vista delle elezioni comunali del 14 e 15 maggio prossimi. Il mondo grillino è in prima fila sull’affaire Caffaro che tiene in ambasce i bresciani.

PERICOLO SALUTE

L’altro giorno al teatro Der Mast l’avvocato del popolo ha perorato la candidatura di Alessandro Lucà ed ha sottolineato che “Brescia è una tra le città più inquinate d’Italia e che il piano di bonifica della Caffaro è troppo modesto”. Ci vogliono adesso più risorse perché l’inflazione ha incrementato i costi della messa in sicurezza, ha insistito l’ex premier. Argomento che conosce bene perché da capo del Governo se n’era occupato. Sono attesi gli altri big della politica nazionale, a cominciare da Matteo Salvini ed Elly Schlein, a sostegno dei due principali candidati, Laura Castelletti per il centrosinistra e Fabio Rolfi per il centrodestra. Uno dei due raccoglierà la pesante eredità di Emilio Del Bono, tra cui c’è la soluzione del “caso Caffaro”, che non fa dormire sonni quieti a 4 bresciani su 10 come rileva un sondaggio di Ipsos per il Giornale di Brescia, preoccupati per le condizioni ambientali. Se Brescia è conosciuta tra i capoluoghi come uno dei luoghi meno salubri per viverci, a tenere banco, non potrebbe essere diversamente, sono proprio i veleni dell’industria chimica Caffaro, che due anni fa indussero il Procuratore della Repubblica ad affermare che “è un carcinoma nel cuore della città”. Lo dimostra il fatto che dalle indagini ambientali è emerso che la contaminazione è rilevata fino a 20 chilometri dalla grande area produttiva di oltre 100 mila metri quadrati. Il tribunale scrisse che c’è un problema di pubblica incolumità per l’esposizione “al pericolo di danni permanenti per la salute dei soggetti che risiedono a sud dello stabilimento”. Ecco spiegato perché i magistrati parlano di un tumore ambientale nel centro di Brescia che dovrebbe indurre a fare presto con i lavori di bonifica, mentre si stanno registrando ritardi sia da parte del pubblico, che non ha ancora fatto partire le nuove gare, che da parte del privato. Caffaro Brescia con la procura si era impegnata a concludere i lavori anche dei due pozzi entro marzo, ma siamo ormai a maggio senza che l’opera sia stata consegnata. Certo, i costi sono aumentati, e anche per questo Todisco e Quadrelli hanno avviato la procedura dei licenziamenti collettivi dei 9 lavoratori che operano ancora nel sito. Sono intervenuti i rappresentanti di Filctem-Cgil e Femca Cisl, che hanno ottenuto la sospensione. Del resto, quando la società riconducibile al gruppo di Todisco firmò il contratto nel 2011 si assunse un impegno non solo nei confronti della controparte, ma anche della Provincia che rilasciò l’autorizzazione ambientale integrata senza la quale l’imprenditore non avrebbe potuto rilevare un sito per lui strategico per crescere. Ottenendo poi finanziamenti pubblici per 15 milioni in Abruzzo a Bussi sul Tirino da Invitalia.

SEQUESTRI E GESTIONE TODISCO

Basti pensare che nel febbraio di due anni fa quando il gip Adriana Sabatucci ordinò i sigilli del complesso industriale di via Milano per disastro ambientale, ravvisò come “deficitaria la gestione della barriera idraulica da parte della Caffaro Brescia srl e dei suoi amministratori”, individuando l’industriale pisano Antonio Donato Todisco come “co-amministratore di fatto della società che dal 2011 gestiva con un contratto d’affitto d’azienda il ciclo produttivo del clorato. Per Todisco, l’amministratore legale Alessandro Quadrelli e il manager Alessandro Francesconi scattarono le interdizioni a esercitare uffici direttivi di persone giuridiche e di imprese. Il terzetto oltre che di inquinamento ambientale e deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi risponde anche di disastro ambientale per non avere garantito il corretto funzionamento della barriera idraulica Mise, come dai contratti sottoscritti con le parti. Per Todisco, Quadrelli e Francesconi il procuratore aggiunto Bonfigli e il sostituto Greco hanno chiesto il rinvio a giudizio e a metà giugno proseguirà l’udienza preliminare che coinvolgerà altri sei imputati, tra cui l’ex commissario straordinario del sito di interesse nazionale, Roberto Moreni, che risponde per reati colposi per non avere messo in efficienza la barriera idraulica d’emergenza Mise in sostituzione del soggetto responsabile Caffaro Brescia srl, e per altri reati il commissario della Caffaro srl in liquidazione, avvocato veneziano Marco Cappelletto.

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