Costiera dei Cech: dove la Valtellina si prende il suo tempo
Non è una cartolina. È un posto vero. Che non chiede di essere fotografato, ma vissuto. E che, forse proprio per questo, ti resta addosso più a lungo.
La Costiera dei Cech è quella parte di Valtellina che ha scelto la discrezione. Sta lì, sul versante retico, a guardare il lago di Como e le montagne, con una luce che dura più di 250 giorni l’anno e un’aria
che sa di castagne, pietra e vino. Non cerca follower, non finge autenticità. La incarna punto e basta.
I nomi sono già una mappa emotiva: Traona, Cino, Cercino. Borghi veri, con le case in pietra, i balconi storti, le stradine che salgono senza fretta. Qui la parola “esperienza” non la usano, perché la vivono da
sempre. Se ti interessa capire come si fa il vino quando non hai trattori ma solo braccia e pendenze, sali su uno dei terrazzamenti in secco, quelli dove cresce l’uva Chiavennasca. E capirai cosa vuol dire coltivare con fatica. E con amore.
A Traona ti accoglie l’Arco Dogana, che una volta serviva a riscuotere dazi. Oggi è la porta d’ingresso a un mondo che non ha buttato via niente: né le cantine sotto terra, né il Forno Sforzini, che funziona ancora, né il mulino Arietti, dove si faceva farina prima che arrivassero le etichette bio.
A Cino i torrenti sono sei e le case sembrano aggrapparsi le une alle altre. Le passeggiate salgono lente verso gli alpeggi, dove il formaggio non ha bisogno di presentazioni. E a Cercino, che ha visto passare vescovi, peste, carestie e poi ancora vita, c’è un silenzio che non pesa: accompagna.
Poi ci sono le storie non scritte, quelle che senti se ti fermi. Il torchio di Corlazzo, ad esempio: usato da tutti, come si faceva una volta, quando il vino non era per il brindisi social, ma per la tavola. E ci si dava una mano, senza bisogno di hashtag.
Sulla Costiera si cammina. Non tanto per fare sport, ma per guardarsi attorno. Ogni curva è un punto di vista, ogni stagione una ragione per tornarci. D’estate si respira. In autunno si colora. In primavera
rinasce. E d’inverno, se ci capiti, scopri che la montagna sa essere ospitale anche senza sciare.
Da mangiare? Tutto quello che ti aspetti: sciatt, pizzoccheri, bitto, taroz, polenta. Ma la differenza è che qui te li danno senza troppi giri di parole. Buoni e basta. E il vino lo versano senza raccontarti la storia della bottiglia. Se vuoi saperla, te la dicono. Altrimenti, bevi.
La Costiera dei Cech non è per tutti. È per chi ha voglia di cose semplici, ma vere. Di paesi che non si sono rifatti il trucco. Di sentieri dove il telefono prende male, ma il cervello si riaccende. Di un’Italia che non urla, ma resiste. E che non ha paura di sembrare fuori moda, perché sa che la moda passa. Ma lei resta.
Torna alle notizie in home