Politica

Dietrofront del governo sull’invio di armi a Kiev

di Redazione -


Cambia l’approccio del governo italiano sul fronte delle forniture di armi a Kiev nel conflitto russo-ucraino. L’esecutivo guidato dal premier Giorgia Meloni infatti ha definitivamente ritirato l’emendamento dei relatori al decreto Nato che introduceva nel provvedimento la proroga dell’invio di armi all’Ucraina fino a dicembre 2023. Si va verso un provvedimento ad hoc. L’opposizione canta vittoria, ma a onor del vero prima che il Pd chiedesse il ritiro dell’emendamento, da tempo il M5S con una mozione chiedeva che la fornitura di armi all’Ucraina venisse rimessa in discussione.
Sulla proroga del sostegno all’Ucraina e su un eventuale nuovo invio di armi “avevamo chiesto un provvedimento ad hoc, seguendo la linea portata avanti da marzo. Ci sembra che il governo abbia compreso”, commenta Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato. «Da parte nostra – aggiunge l’esponente dem – c’è la disponibilità nel lavorare sul tema con serietà, come abbiamo sempre fatto”.
Tutto nasce dunque dalla mozione di Giuseppe Conte. Il leader 5 Stelle chiedeva al governo di “illustrare preventivamente alle Aule parlamentari” un “eventuale invio di forniture militari”. Torna quindi il dibattito in Parlamento, ora che a Palazzo Chigi è tornato un governo politico.
“Il governo non si è mai nascosto sull’invio di invio armi all’Ucraina. Il ministro Crosetto ha dato totale disponibilità a riferire alle Camere prima dell’invio. Si tratta di prorogare una norma e l’emendamento era una scelta tecnica per rendere più semplice e veloce il deposito e garantire la conversione entro il 31 dicembre. Se le opposizioni ci danno garanzie di convertire un decreto entro dicembre, il Cdm, su proposta del ministro della Difesa Crosetto, prenderà in considerazione la possibilità di un decreto”. È la posizione ufficiale dell’esecutivo, per voce del ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani (FdI) al termine della conferenza dei capigruppo al Senato. Ieri in effetti, con un blitz a palazzo Madama, la maggioranza aveva deciso di inserire per iniziativa di FdI e Lega questo emendamento al decreto sulle missioni Nato e la sanità calabrese che proroga a tutto il 2023 “l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” a Kiev. “Poco c’entra su una questione che non può e non deve essere regolata attraverso un emendamento che nulla ha a che fare con la vicenda ucraina”, era stato l’intervento in Aula del capogruppo Pd in commissione Difesa Stefano Graziano. Per il M5S invece la questione è un’altra: la guerra in Ucraina “è una tragedia dell’umanità, una follia fatta di violenze, stupri e massacri. Se non verrà fermata al più presto, ogni giorno di più rischia di trascinare il mondo in un conflitto nucleare”. Così Arnaldo Lomuti, in Aula alla Camera presentando la mozione del M5S. “Ci dicono che non vogliamo fermare Putin. Tutti vogliamo fermarlo, ma il punto è come fermarlo”, aggiunge Lomuti. “Noi siamo al fianco del popolo ucraino, proprio per questo chiediamo al governo italiano di voltare pagina – afferma il 5 Stelle Marco Pellegrini -. L’Italia sia protagonista dell’apertura di tavoli negoziali che inneschi una escalation diplomatica che metta fine all’escalation militare. Dite tutti di volere la pace, ma nei fatti votate per una escalation militare”.
Il nodo infatti è l’atteggiamento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: fintanto alzerà la posta in gioco per i negoziati – arrivando addirittura a reclamare la Crimea – la pace resterà lontana. In questo quadro l’Occidente ha sì il dovere di aiutare Kiev a difendersi ma ha soprattutto quello di cercare la pace a tutti i costi.


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