Economia

È solo un capestro per il nostro debito. Ecco perché il meccanismo non va ratificato

di Francesca Chaouqui -


di FRANCESCA CHAOUQUI

Il Meccanismo Europeo di Stabilità continua a far discutere. Da una parte gli apocalittici, che esprimono parere contrario alla ratifica del Mes temendo conseguenze catastrofiche per il Paese, dall’altra parte gli integrati, animati invece da una visione ottimistica dello strumento che l’Ue ha messo a disposizione degli Stati membri e che potrebbe, di fatto, rivelarsi un boomerang.

Rappresentanti dell’una e dell’altra corrente di pensiero sono, da una parte, il leghista Claudio Borghi e, dall’altra, l’ex presidente del Consiglio Mario Monti. Quest’ultimo in un editoriale del Corriere della sera, definisce “stucchevole il dibattito sulla ratifica del trattato di modifica del MES, incomprensibile all’opinione pubblica e mortificante per l’intelligenza dei cittadini italiani”. Una dichiarazione offensiva dell’intelligenza degli italiani, che invece si fanno più di qualche domanda sul Meccanismo Europeo di Stabilità. In sostanza di tratta di uno strumento istituito nel 2012 e finalizzato a concedere, sotto precise condizioni, supporto finanziario agli Stati membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino momentanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato.

Messa così potrebbe sembrare uno strumento positivo ma la discriminante sta tutta nelle “precise condizioni”, che potrebbero rivelarsi un’arma a doppio taglio per il nostro Paese. Così i dubbi sollevati dalla maggioranza e, in particolare, dal senatore Borghi, appaiono più che leciti. Se il Mes dovesse essere ratificato, l’Italia cadrebbe in scacco dell’Europa, che sarebbe autorizzata a compiere una serie di valutazioni previste dal trattato. Se queste dovessero risultare negative, il governo sarebbe costretto ad operare tagli e ridimensionamenti che porterebbero il nostro Paese sull’orlo del default.

Scendendo più nel dettaglio, qualora l’Italia ratificasse il Mes, sarebbe obbligata ad accettare le modifiche proposte in sede europea al meccanismo e, gioco forza, dovrebbe sottomettervisi qualora avesse necessità di usufruire di tale strumento. Che, tradotto, significa che se il direttivo del Mes, che ha visto rafforzati i propri poteri a seguito della riforma, dovesse considerare non sostenibile il debito dello Stato italiano, potrebbe sottoporre la questione alla Commissione europea chiedendo una ristrutturazione per accedere al prestito. Una ristrutturazione del debito, tuttavia, porrebbe l’Italia nella condizione di non riuscire a ripagare tutti i suoi debiti ai creditori.

La conseguenza sarebbe la perdita di fiducia dei mercati e, dunque, l’aumento spropositato dei tassi dei titoli di Stato e l’innalzamento dello spread, che potrebbe toccare vette mai raggiunte in precedenza. A questo punto, lo spettro del default si concretizzerebbe in tutta la sua drammaticità. Una posizione apocalittica, certamente, ma basata su un’attenta analisi del trattato e dello scenario politico ed economico europeo.

Tra i punti deboli del meccanismo c’è il mancato controllo da parte del Parlamento europeo del board del direttivo del Mes, che potrebbe fare il bello e il cattivo tempo a suo piacimento. Un rischio troppo grosso che l’Italia, già in crisi a causa dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi, non può correre. L’appuntamento è fissato per il prossimo 30 giugno, quando alla Camera si discuterà la proposta di legge legata alla ratifica del Mes. Un’occasione che il nostro Parlamento non può sprecare per fare il bene dell’Italia e degli italiani.


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