Intervista esclusiva al fondatore dell'Associazion Benefica di solidarietà per il Popolo Palestinese in Italia, accusato di finanziare Hamas
“Questa è l’ingegneria della fame”, ha dichiarato Mohammed Hannun in esclusiva alla redazione de L’Identità. Fondatore dell’Associazione Benefica di solidarietà per il Popolo Palestinese in Italia, è stato accusato di essere uno dei bracci finanziari di Hamas in Europa. La sua associazione è sulla lista delle sanzioni del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che vieta ai cittadini americani di entrare in rapporto con questa organizzazione senza scopo di lucro.
“Israele sta affamando la gente di Gaza. Sono tre mesi che impedisce l’ingresso dei generi alimentari di base e dei camion con gli aiuti umanitari. Nella Striscia sarebbe eufemistico dire che il cibo scarseggia. Questa è una cosa diversa: è l’ingegneria della fame. La distribuzione dei pochi aiuti disponibili è nelle mani di associazioni legate strettamente ai servizi segreti israeliani e americani. Il loro obiettivo è prendere più dati possibili sulla popolazione e raccogliere informazioni sulla resistenza palestinese. I pochi camion che sono passati dal valico al confine con Israele sono serviti come esca. Gli ordini dell’esercito nemico ripetono alla gente di spostarsi da Nord a Sud, dal Sud al centro e poi dal centro a Ovest verso la spiaggia: la popolazione vive nelle tende, se le ha, ed è priva dei più elementari servizi igienici. Rafah, al confine con l’Egitto: non esiste più, è una città fantasma”.
Hannun è duro, non usa mezzi termini. Dai tempi della laurea in architettura, risiede abitualmente in Italia e parla perfettamente la nostra lingua. Vicino all’ex primo ministro di Gaza, Ismail Haniyeh, grazie alla sua associazione in passato ha organizzato diverse spedizioni di aiuti umanitari nella Striscia. Quando gli chiediamo come la sua gente oggi guarda al futuro, parla di una guerra che nessuno prevedeva potesse durare così a lungo. Era il 7 ottobre 2023 quando le milizie di Hamas oltrepassarono il confine con Israele uccidendo più di 1.200 persone e prendendone in ostaggio 250.
“Una guerra che sarebbe durata così a lungo, oltre 20 mesi, nessuno l’avrebbe immaginata. Oggi la situazione è drammatica. I combattenti della resistenza palestinese sono abituati e pronti: si aspettano il peggio. Ma i civili no. Non sappiamo come sarà il futuro a Gaza”. Più avanti aggiunge: “Questo non vuol dire che a Gaza si stanno arrendendo, come dimostrano gli attacchi degli ultimi giorni diretti verso l’esercito israeliano”.
Ieri si è ripetuta la tragica dinamica che da diversi giorni vede coinvolta la popolazione civile in coda nella speranza di ricevere i pacchi di alimenti. Secondo fonti palestinesi, sarebbero 20 i morti e decine i feriti, vittime di colpi di arma da fuoco sparati in prossimità dei centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation, a gestione israeliana e statunitense. L’esercito israeliano ha riconosciuto di aver sparato colpi di avvertimento in direzione di alcuni palestinesi mentre si stavano avvicinando, malgrado fossero stati avvertiti che si trattava di un’area attiva di combattimento. Tuttavia, non riconosce le cifre dei morti diffuse a Gaza in merito a questo episodio.
I centri della Gaza Humanitarian Foundation lavorano ormai a intermittenza, costretti a sospendere le attività un giorno sì e uno no. Testimoni tra la popolazione palestinese accusano un gruppo armato di seminare il caos sparando sulla folla in coda in attesa degli aiuti. È la milizia del famigerato Yasser Abu Shabab, che, stando alle recenti dichiarazioni dell’ex ministro israeliano Avigdor Liberman, sarebbe finanziata direttamente dal governo Netanyahu. Sarebbe proprio questo gruppo a controllare i camion degli aiuti umanitari diretti verso i centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation. Una volta che hanno lasciato il confine con Israele, superando il valico di Kerem Shalom, i camion sarebbero completamente nelle mani di questi miliziani ostili ad Hamas.
Hannun su questo gruppo non sembra avere dubbi: è finanziato da Israele. Tuttavia, a sorpresa, parla anche di altri attori coinvolti nel supporto ad Abu Shabab: l’Autorità Nazionale Palestinese di Ramallah e gli Emirati Arabi Uniti. Spiega anche le motivazioni dello sciopero che il sindacato dei trasportatori aveva organizzato nei giorni scorsi.
“Abu Shabab è un bandito, armato e finanziato da Israele: ruba i pacchi di alimenti, le medicine e i vaccini destinati alla popolazione civile. Li porta nei suoi magazzini e poi li rivende al mercato nero. Ci sono anche altre milizie come la sua a Gaza: non è l’unico. Qualche giorno fa i camionisti che trasportano gli aiuti sono entrati in sciopero: lavorano in condizioni disumane, rischiando di morire per mano dell’esercito israeliano e delle squadracce palestinesi al loro seguito. Anche se chiamare palestinesi questi collaborazionisti mi fa schifo. Sono totalmente gestiti da Israele, dall’Autorità Palestinese di Ramallah e dagli Emirati Arabi Uniti. Parlo anche degli Emirati, perché le milizie di Abu Shabab sono state viste a Gaza a bordo di un veicolo con la targa di questo Paese. Lascia l’amaro in bocca pensare che la popolazione di Gaza muoia di fame, bruciata nelle tende o per malattia per mano di gruppi sostenuti dall’Autorità Palestinese di Ramallah e dai Paesi arabi. Le cose non stavano così quando l’Onu, Save the Children e altre organizzazioni umanitarie si occupavano della distribuzione degli aiuti”.
L’attacco all’inviato dell’amministrazione Trump, Steve Witkoff, impegnato in un faticoso e complesso lavoro di mediazione tra le due parti in guerra, è pesantissimo. A incidere è anche il veto recentemente imposto dagli Stati Uniti alla risoluzione Onu per il cessate il fuoco.
“Sono gli americani ad aver posto il veto sul cessate il fuoco, sono stati loro. Witkoff dovrebbe essere un mediatore, ma non lo è. Quando tratta con egiziani e qatarioti arriva ad accordi che poi rimette in discussione dopo aver incontrato la controparte israeliana. Non fa pressioni su Netanyahu e i suoi alleati della destra religiosa, che ormai sono decisi: vogliono andare avanti a tutti i costi. In caso contrario, il governo cadrebbe e si dovrebbe andare alle elezioni anticipate. A pagarne le conseguenze sono tanto i prigionieri (ostaggi n.d.a) israeliani quanto la popolazione palestinese”.
In questi giorni gli Stati Uniti hanno esteso le sanzioni ad altre associazioni palestinesi senza scopo di lucro, tra cui l’Associazione Benefica La Cupola d’Oro in Italia. Sono accusate di supportare Hamas e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. È chiaro che il cerchio si stringe e coinvolge ormai l’intera rete di Hamas anche al di fuori della Striscia. Non è detto, però, che la strategia dia subito i frutti sperati dall’amministrazione Trump. Anche se ieri, in serata, Netanyahu ha chiesto un incontro con il ministro della Difesa e alti ufficiali dell’esercito per annunciare nuovi progressi nei colloqui per la liberazione degli ostaggi. Le trattative proseguono, ma la possibilità di un accordo è ancora tutta in salita.
Gaza, aumentano i morti di pane. Tajani accusa gli attivisti